Storia e leggenda
Il Vangelo parla di una stella che si ferma in cielo. Cosa impossibile. Ma un recente studio dimostra che seguì un’orbita particolare

L’astrofilo Enrico Bonfante accanto a un telescopio

L’astrofilo Enrico Bonfante accanto a un telescopio
Nel racconto di Matteo evangelista la Stella non si limita a brillare. Si muove, precede i Magi lungo il cammino e poi, arrivata a destinazione, «si ferma». È proprio questo dettaglio, apparentemente marginale, ad aver reso la Stella di Betlemme uno dei passaggi più discussi e problematici del racconto evangelico. Nessun corpo celeste, secondo l’astronomia moderna, sembra comportarsi così. Ma forse, suggerisce oggi la ricerca, la domanda da porsi è un’altra.
«Quando torniamo a parlare della Stella di Betlemme ci accorgiamo che il cielo non smette mai di dialogare con la storia», osserva Enrico Bonfante, astrofilo e presidente dell’associazione Empiricamente. «È un dialogo silenzioso fatto di dati, ipotesi e un filo di meraviglia». Per Bonfante il punto è chiaro: i Magi non erano astronomi nel senso moderno del termine. Erano astrologi, interpreti di segni. Cercavano significati, non spiegazioni fisiche. È in questa prospettiva che si inserisce lo studio di Mark Matney, scienziato planetario della Nasa, pubblicato sul Journal of the British Astronomical Association.
Matney riparte da una fonte antica ben nota agli studiosi: le cronache astronomiche cinesi che descrivono, nella primavera del 5 a.C., l’apparizione di una «stella scopa», il termine con cui venivano indicate le comete. Un oggetto reale, documentato, visibile per oltre settanta giorni nella costellazione del Capricorno. Un dato anomalo per una cometa ordinaria. Rianalizzando quelle osservazioni con nuovi modelli numerici, Matney ha ricostruito una possibile orbita rarissima, quasi diretta verso la Terra.
In una configurazione di questo tipo, il moto apparente dell’oggetto nel cielo avrebbe potuto rallentare drasticamente, fino a sembrare quasi fermo per alcune ore. Un comportamento che richiama da vicino il passo evangelico (Mt 2, 1-16) in cui la stella «andava davanti a loro e si fermò». «È un’ipotesi plausibile, non una prova», sottolinea Bonfante, «ma il fenomeno è uno dei candidati più interessanti». Perché mostra che il racconto di Matteo non è necessariamente in contraddizione con il cielo reale. La pista non esaurisce però il quadro.
«Accanto a questa ipotesi», ricorda Bonfante, «esiste un’altra interpretazione altrettanto credibile dal punto di vista dell’astrologia antica: la tripla congiunzione tra Giove e Saturno nel 7 a.C., avvenuta nella costellazione dei Pesci». In quel linguaggio simbolico, Giove era il pianeta regale, Saturno rappresentava giustizia e ordine, mentre i Pesci erano associati alla terra di Israele. «Per un astrologo dell’epoca», spiega, «la lettura sarebbe stata immediata». Il valore delle ricerche più recenti, insiste Bonfante, non sta nel fornire una risposta definitiva a un enigma millenario, ma nel chiarire il contesto.
«Comete, congiunzioni, forse anche “novae“. Nessuna risposta definitiva, ma un quadro sempre più coerente». La Stella di Betlemme resta un terreno aperto, dove scienza, storia e cultura continuano a incontrarsi. Forse non sapremo mai cosa videro davvero i Magi. Ma oggi è più difficile sostenere che quella Stella sia stata soltanto un’invenzione simbolica: il cielo di duemila anni fa, almeno una volta, avrebbe potuto davvero comportarsi così.