di
Andrea Pasqualetto
Oliviero Scardicchio: «Non ho mai lasciato il lavoro da bidello: chi arriva da una famiglia proletaria come la mia deve pensare prima al pane. Mi rifarò da pensionato. La nostra “Papa Nero” era profetica, a Sanremo non venne capita»
Sotto le arcate dell’antico convento dei Carmini c’è un uomo che pulisce e sorveglia. Ha un cappello rasta calcato sulla testa, baffi e pizzetto bianchi, gli occhiali larghi e parla in dialetto veneziano: «Bondì, so el bideo». Già, il convento dei frati carmelitani è oggi un liceo popolato di studenti e professori, l’artistico Guggenheim di Campo dei Carmini. E lui è il signor Oliviero Scardicchio. Non un bidello qualsiasi. Sotto il cappello cadente brontola infatti sir Oliver Skardy, icona del reggae in salsa italiana, meglio, veneziana, fondatore nel 1987 dell’irriverente band dei Pitura Freska. Ricordate? Cantavano nella lingua della laguna e adattavano i testi ai ritmi giamaicani intrecciandoli con allegria e denuncia sociale. Sono quelli di «Papa Nero» che agitò il Sanremo del 1997 ma anche quelli di «Pin Floi», «Marghera», «‘na bruta banda»… Suonavano, provocavano, fumavano. Prima di loro gli Skiantos, dopo di loro nulla. Ebbero dodici anni di fuoco terminati nel 2002 con un sorprendente divorzio. I sei membri storici hanno preso tutti strade diverse e Skardy ha preso questa dei corridoi del liceo Guggenheim. Siamo andati a trovarlo.
Sir Skardy, perché bidello?
«Schei vecio, necessità. Io avevo solo il diploma dell’artistico che non serve a niente se poi non vai avanti. Senza laurea non potevo fare il professore. Ma meglio così, meno casini».
Cioè?
«Se ero un prof avrei baruffato tutti i giorni con i colleghi che vogliono proibire questo e quello ai ragazzi».
Per esempio?
«Tipo il fumo. Qualche canna gira qui al liceo, loro non lo accettano e io sarei più tollerante».
Cosa pensa dei professori?
«Sottopagati, sotto torchio e ogni tanto sclerano perché non hanno gratificazioni. La scuola dovrebbe insegnare la libertà di pensiero ma in queste condizioni non può farlo».
Sottopagati i professori, e i bidelli?
«La verità è che non so nemmeno quanto prendo esattamente, non controllo mai il conto. Comunque, una miseria. E una miseria è anche il guadagno da musicista. Faccio uno più uno e il risultato è una miseria completa».
E il mezzo milione di dischi venduti, quello di platino, non hanno portato guadagni?
«Divisi fra tutti è rimasto poco. Alla fine sono riuscito a prendermi un appartamentino di 60 metri quadri a Marghera con la Penha (la moglie brasiliana, ndr)».
È l’intervallo, Skardy si allontana e qualche insegnante esce a fumare. Chiediamo a una prof se un bidello come lui non sia un po’ ingombrante. «Tutt’altro, è una persona molto umile e fa il suo lavoro anche oltre il dovuto. Piuttosto siamo preoccupati perché sta andando in pensione — ricorda Marina Maichen che insegna Tessuto — Verrà a mancare un punto di riferimento, una persona con cui si può parlare di arte, con cui ci si confronta». Vicino a lei ci sono altri due docenti che fanno sì con la testa. E mentre si parla, rieccolo.
In pensione, dunque?
«Non vedo l’ora, giugno dell’anno prossimo, ne faccio 67, dopo 40 da bideo e de bueo (lavoro, ndr)».
Come mai il re del reggae vennessian non ha lasciato il lavoro neppure nel periodo glorioso?
«Perché in quegli anni la musica non andava male ma non andava neanche benissimo e sentivo che poteva finire. I Pitura Freska erano divisivi, contestati, o ci amavano o ci odiavano. Poi è arrivata Sanremo, ‘na bea giostra, abbiamo pensato: qui o si entra nel regno o ci sbattono fuori. Ci hanno sbattuto fuori: quart’ultimi (primi i Jalisse, ndr). Papa Nero non è stata capita, ci hanno definito un gruppo rock satanico mentre il messaggio era antirazzista. Peraltro siamo stati profetici perché poi hanno fatto Bergoglio che un po’ Papa Nero lo era».
Il bisogno di uno stipendio sicuro non fa un po’ a pugni con l’anima rivoluzionaria?
«Non avevo alternative e devo anche dire che il lavoro mi ha tolto molto tempo alla musica. Ma chi arriva da una famiglia proletaria come la mia (papà fattorino, mamma casalinga) deve pensare prima al pane. Mi rifarò da pensionato».
Progetti?
«Scrivere, suonare, far robe. Al tempo dell’immagine, dell’artificio, io vado nell’altro senso e conto di tornare in piazza, live, anche perché produrre dischi costa».
Altro?
«Potrei fare anche il portavoce dei musicisti trascurati per mancanza di sex appeal».
I Pitura Freska si sono sciolti nel 2002, perché?
«Perché uno voleva giocare a briscola, un altro a tressette, un altro ancora a scopa… e lo spartito era diventato troppo piccolo per contenere le idee di tutti».
Che fine hanno fatto gli altri?
«Cristiano lavora nelle barche, Duse fa lavoretti vari, Valerio ha un ristorante, Furio che era al sax è l’unico che suona ancora, Ciuke pace all’anima sua».
I critici dicevano: troppo dialetto, troppo sfacciati, troppo in your face, in una terra puritana come il Veneto
«Bronse cuerte, si dice a Venezia, tutta facciata».
Dopo l’addio è uscito l’album Grande Bidello, in che senso grande? «Grande Bidello come Grande Fratello, la peggior trasmissione che l’uomo potesse inventare perché non ha dentro niente e la gente la guarda per vedere le tresche di questi giovani».
Chiuso il capitolo Pitura Freska, Skardy si è messo in proprio, quattro dischi da solista, quest’anno anche un libro con Marilena Ferrara (Sir Iliver Skardy) e ora questo singolo, «Feragni», ispirato alle disavventure dell’influencer, uscito proprio in questi giorni. Per dire cosa?
«Per dire di quest’epoca dominata dall’apparenza, della corsa a mostrarsi perfetti, popolari, costantemente connessi. Per dire dei ricchi trattati come divinità. La Ferragni è solo un esempio, non irrido lei ma il sistema».
Pare che gli studenti vengano a scuola anche per Skardy.
«Succede sempre quando uno è bello… il fatto è che oggi mancano insegnanti riconosciuti. Un tempo all’Accademia delle Belle arti c’era per esempio tale Emilio Vedova, non so se mi spiego, altro che Skardy».
Come sono i liceali d’oggi?
«Meno creativi rispetto a una volta. Adesso usano computer, telefonini e intelligenza artificiale. E manca qualche sogno: noi dicevamo “voglio diventare come i Pink Floyd.” Ora sono più sull’imprenditoria musicale e pochi ragionano su qualcosa di collettivo».
Cosa pensa della scena trap e rap di oggi?
«Fanno l’imitazione degli americani, i testi sono slogan, minacce. Il messaggio pacifista non interessa. Vedo troppo individualismo e consumismo».
Perché il reggae?
«Due concerti mi hanno cambiato la vita: Peter Tosh, Bologna 1979 e Bob Marley, Milano 1980. Mi spiego: all’inizio facevo del rock demenziale e consideravo il reggae una musichetta. Vado a vedere Tosh e mi sembrava Santana. Poi vado a Milano per Bob Marley e resto folgorato. Per la dimensione sonora, per il messaggio. Non avevo mai visto 100 mila persone che cantavano e ballavano tutte insieme. Ultima tappa di quell’anno i Led Zeppelin in Svizzera, i miti. Alla fine mi sono reso conto che, rispetto al rock, il reggae aveva più spiritualità e il potere di unire le persone».
E da lì il cuore ha iniziato a battere in levare
«E non ha più smesso. Mi ha stravolto anche dal punto di vista filosofico, con un pensiero che si rifà al primo cristianesimo teso alla pace universale e alla civile convivenza».
C’è mezz’ora di pausa: «’ndemo al bar». Ci incamminiamo verso Campo Santa Margherita. Entriamo: «Ehi Skardy, tuto ben?». «Ciao Nane, insoma». «Soito crodino?». «Sì vecio»… Il dialetto, sempre e ovunque, sul palco, al liceo, al bar. Una cantilena bassa e lunga come le onde della laguna. Skardy prende un analcolico!? È uno sherzo?
«Ho smesso con gli alcolici, sono debole di cuore. Ero alcolizzato e vizioso e me la sono vista brutta anche perché mi aveva preso la depressione, fra morose che mi lasciavano e musica che non andava. Facevo certi pensieri, poi sai basta un bicchiere in più e ci metti niente a buttarti giù. El dotor me ga dito “Scardy basta che sennò ti sciopi”. Chiuso il sipario».
Skardy si imbacucca con la sciarpa giamaicana, torna al liceo e riprende la sua scopa. © RIPRODUZIONE RISERVA
29 dicembre 2025 ( modifica il 29 dicembre 2025 | 07:51)
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