di
Sara Bettoni
Crescono gli accessi agli hotspot voluti dalla Regione per fronteggiare l’epidemia influenzale. Trenta ambulatori extra, ingresso solo con invio del 116117. Il picco di contagi atteso intorno al 6 gennaio
Oltre 500 pazienti visitati sabato, altri 464 a Santo Stefano. Mentre sale la pressione nei pronto soccorso e aumentano le chiamate ai numeri d’emergenza, crescono anche gli accessi agli hotspot infettivologi voluti dalla Regione per fronteggiare l’epidemia influenzale. «Già nel 2024 è stata fatta una sperimentazione, quest’anno l’abbiamo riproposta — spiega Simone Baratto, direttore del 116117, il numero gestito da Areu e dedicato ai problemi sanitari non urgenti —. È un potenziamento delle cure territoriali». Nel concreto, si tratta di 30 ambulatori — dedicati ai pazienti con tosse, raffreddore, febbre e altri sintomi para-influenzali — allestiti nelle case di comunità o nelle sedi della continuità assistenziale (l’ex guardia medica).
Come ci si arriva? «Non sono ad accesso libero — specifica Baratto —. Il primo passo è chiamare il 116117: la telefonata viene “filtrata” da un tecnico, poi viene passata a un medico che può anche organizzare una televisita e fare prescrizioni dematerializzate di farmaci». In alcune situazioni, il consulto a distanza non basta. Il medico può decidere quindi di prenotare una visita per il cittadino in uno degli hub infettivologici. «Si va su appuntamento, quindi non c’è la folla che si potrebbe trovare nei pronto soccorso — continua Baratto —. Questa modalità è da preferire, se non ci sono urgenze o sintomi gravi, anche per evitare di contagiare gli altri pazienti nella sala d’aspetto dell’ospedale». La risposta non è immediata, ma comunque assicurata. «Ci scusiamo per le attese, che possono essere anche importanti: le chiamate sono tante». L’aumento delle richieste al numero unico si lega sia alla chiusura degli ambulatori dei medici di famiglia per le vacanze natalizie, sia al diffondersi dei virus respiratori. Finora gli hotspot lombardi hanno accolto 4.768 persone, 1.850 dei quali a Milano.
Sono quattro le sedi in città: a Villa Marelli, nelle case di comunità di Bande Nere e Don Orione, nel poliambulatorio di via Don Bosco. Le strutture appartengono a tre ospedali diversi (Fatebenefratelli-Sacco, Niguarda e Santi Paolo e Carlo), ma gli hotspot fanno capo a un unico dipartimento di Cure primarie, guidato da Claudio Montresor. «A Milano il servizio è garantito dai medici di famiglia che hanno dato la loro disponibilità — racconta —, sono quasi 300 che fanno la staffetta e lavorano al di fuori dell’orario di apertura del loro ambulatorio per dare assistenza ai cittadini. Nelle altre province, invece, collaborano anche medici della continuità assistenziale». Le quattro sedi sono state individuate in base alla distribuzione geografica, alla vicinanza delle stazioni della metropolitana e tenendo conto dei flussi di pazienti registrati l’anno scorso. Il target fissato dalla Regione è di quattro accessi all’ora in ogni ambulatorio, obiettivo che si sta raggiungendo ora.
I dottori possono sottoporre il paziente a un tampone per capire se i sintomi sono dovuti all’influenza, al Covid, al virus respiratorio sinciziale o allo pneumococco. Se necessario, possono anche eseguire una ecografia rapida per valutare eventuali problemi ai polmoni. «I pazienti sono soprattutto fragili, anziani o persone che non riescono a contattare il proprio medico di famiglia», spiega Montresor.
Tra le sedi più attive c’è quella di Bande Nere. «Gli accessi seguono la curva epidemiologica — dice Dario Laquintana, direttore socio-sanitario dell’Asst San Paolo e San Carlo —. Siamo partiti con 10-15 pazienti nei primi weekend, ora arriviamo a una quarantina». Gli hotspot a Milano sono aperti tutti i giorni dalle 20 a mezzanotte, il sabato, la domenica e nei festivi anche dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18.30. Il numero 116117, invece, è attivo dal lunedì al venerdì dalle 20 alle 8 e nei festivi e prefestivi 24 ore su 24.
Nelle prossime settimane la pressione su ospedali e ambulatori potrebbe aumentare ulteriormente. «Vediamo avvicinarsi il picco dell’influenza — dice ancora Laquintana —. Ce lo aspettiamo dal 6 gennaio in poi. Quest’anno la campagna vaccinale è partita con due settimane d’anticipo e la risposta è stata buona, anche se l’obiettivo di proteggere il 75% degli anziani resta difficile da raggiungere».
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29 dicembre 2025
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