Più di un miliardo di anni fa, in un bacino poco profondo che si estendeva su quella che oggi è la parte settentrionale dell’Ontario, un lago subtropicale molto simile all’odierna Death Valley evaporò sotto il calore delicato del Sole, lasciando cristalli di halite, un minerale formato da cloruro di sodio che chiamiamo più comunemente salgemma. Era un mondo molto diverso da quello che conosciamo oggi. I batteri erano la forma di vita dominante. Le alghe rosse (fra i più antichi organismi eucarioti) avevano appena fatto il loro ingresso sulla scena evolutiva, mentre la vita multicellulare complessa (animali e piante) non sarebbe comparsa prima di altri 800 milioni di anni.

Immagine microscopica delle inclusioni fluide in cristalli di halite risalenti a 1,4 miliardi di anni fa, che conservano aria e salamoia antiche. Crediti: Justin Park/Rpi

Man mano che l’acqua evaporava trasformandosi in salamoia, una parte di essa rimase intrappolata in minuscole sacche all’interno dei cristalli, immutabile nel tempo, portando con sé anche bolle d’aria in grado di dirci, 1,4 miliardi di anni dopo, la composizione dell’atmosfera terrestre primordiale. Le ha analizzate un team di ricercatori del Rensselaer Polytechnic Institute (Rpi) di Troy, nello stato di New York, dopo aver portato alla luce questi antichi cristalli rimasti sepolti nei sedimenti. I risultati sono stati pubblicati la scorsa settimana nei Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas).

«È una sensazione incredibile aprire un campione d’aria che è più vecchio di un miliardo di anni rispetto ai dinosauri», commenta Justin Park, studente all’Rpi e primo autore dell’articolo.

I ricercatori sanno da tempo che le inclusioni fluide nei cristalli di salgemma contengono campioni dell’atmosfera terrestre primordiale, ma ottenere misurazioni accurate da tali inclusioni non è un compito semplice. Come dicevamo, questi cristalli contengono sia bolle d’aria sia salamoia, e gas come l’ossigeno e l’anidride carbonica si comportano in modo diverso nell’acqua rispetto all’aria. Per farlo, gli autori di questo studio hanno sfruttato attrezzature costruite appositamente in laboratorio.

«Le misurazioni dell’anidride carbonica ottenute da Justin non sono mai state effettuate prima», ha detto Morgan Schaller, coautore dello studio e responsabile della costruzione di queste nuove attrezzature. «Non siamo mai stati in grado di scrutare questa era della storia della Terra con questo grado di accuratezza. Questi sono campioni reali di aria antica».

Cosa c’era nell’aria 1,4 miliardi di anni fa? Le analisi mostrano che l’atmosfera mesoproterozoica (questo il nome dell’era geologica cui risalgono questi campioni) conteneva il 3,7 per cento dell’ossigeno presente oggi, una percentuale sorprendentemente alta, sufficiente a sostenere la complessa vita animale multicellulare che sarebbe invece comparsa solo centinaia di milioni di anni dopo. L’anidride carbonica, invece, era dieci volte più abbondante rispetto ai livelli preindustriali, abbastanza da contrastare il “debole irraggiamento” proveniente da un Sole ancora giovane e a creare un clima simile a quello moderno.

Come mai, se c’era abbastanza ossigeno per sostenere la vita animale, c’è voluto così tanto tempo perché questa effettivamente comparisse? Secondo gli autori, una motivazione potrebbe essere che il campione cattura solo un’istantanea del tempo geologico, e potrebbe quindi riflettere un breve e transitorio evento di ossigenazione in questa lunga era che i geologi chiamano scherzosamente “boring billion” (in italiano “miliardo noioso”) – un’epoca della storia della Terra caratterizzata da bassi livelli di ossigeno, stabilità atmosferica e geologica diffusa e scarsi cambiamenti evolutivi.

«Nonostante il nome, disporre di dati osservativi diretti relativi a questo periodo è incredibilmente importante perché ci aiuta a comprendere meglio com’è nata la vita complessa sul pianeta e come la nostra atmosfera sia diventata quella che è oggi», continua Park.

Precedenti stime indirette dell’anidride carbonica durante il periodo indicavano livelli più bassi e incompatibili con altre osservazioni che mostravano l’assenza di ghiacciai significativi durante l’era mesoproterozoica. Le misurazioni più elevate riportate in questo studio, invece, combinate con le stime della temperatura ricavate dal sale stesso, suggeriscono che il clima mesoproterozoico fosse più mite di quanto si pensasse in precedenza, paragonabile a quello odierno. Proprio in questo lungo periodo sono comparse anche le alghe rosse, organismi che ancora oggi contribuiscono in modo significativo alla produzione globale di ossigeno. Secondo gli autori, i livelli relativamente elevati di ossigeno riscontrati nella loro analisi potrebbero anche essere una conseguenza diretta della crescente abbondanza e complessità della vita algale. Potrebbero, in altre parole, aver centrato il momento di svolta del famigerato boring billion.

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