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Anna Galiena è una mancata ribelle, almeno in gioventù. Al Corriere della Sera racconta che «mio padre, quando ero minorenne, mi disse, se te ne vai via di casa, ti mando a prendere dai carabinieri. Così dovetti aspettare la maggiore età, che all’epoca era fissata a 21 anni…». Poi ancora: «Sarei stata tranquilla se avessi intrapreso la strada scelta per me da mio padre».

Ma Anna, la più grande dei cinque figli, a 4 anni salii sul palco per la prima volta. Ci salì con «una parrucca castana che copriva i miei riccioli biondi. Interpretavo la Madonna nell’asilo delle suore spagnole. A 8 anni, la Rai passò nella mia scuola per il casting di uno sceneggiato, mi ritrovai in un ruolo maschile, il principe Olaf di Danimarca, era una favola. Poi studiavo danza alla scuola dell’Opera di Roma. Papà non si rese conto che, per me, era l’inizio di una grande cosa».

L’adolescenza difficile

Ma suo padre decise altro per lei. «Mi tolse dopo due anni. Mi impose il liceo Classico. Mi vedeva come futura docente universitaria di Letteratura. Manifestai il disagio andando male a scuola, cominciai a balbettare davanti agli altri». Al Corsera racconta che a scuola «il suo soprannome era Funerale, ho detto tutto. Non parlavo con nessuno e leggevo sempre». Racconta che «a casa un litigio dopo l’altro. Papà conservatore, io di sinistra. La prima libertà la conquistai in un viaggio a Londra, il pretesto era imparare l’inglese. Passai due mesi folli. Era il 1968. Tornata a Roma, non ero più a mio agio con tutto quello che mi ruotava intorno. Così a 21 anni me ne andai e papà la prese male…». Tanto da “radiarla”: «Non potevo più andarli a trovare»

Andò a casa di intelettuali in Ciociaria. «Uscì con il materassino arrotolato, una padella per cucinare, un sacco pieno di biancheria diricambio, la mia inseparabile giacca bianca di pelle di pecora e 10 mila lire che avevo messo da parte».

L’amore libero

Poi parla di amore. «Tutti dopo il ’68 si riempivano la bocca di amore libero, fare l’amore mi piaceva. I ragazzi a parole erano liberi, poi protestavano: “Ma non potresti essere solo mia?”. “Ma come — rispondevo — non abbiamo detto amore libero?”» Viveva in una casa a Roma bombardata con cinque maschi. «Per campare sviluppavamo sceneggiature di altri».

I mariti

Inizio a recitare in una cooperativa, poi a 24 anni seguì una sua amica in Canada.

Lavorava come animatrice in tv di programmi per gli italiani che vivevano a Toronto. Ma voleva recitare così andò a New York e «da lì a poco ho conosciuto John». Il grande amore, il suo primo marito. «L’uomo giusto al momento sbagliato; invece Philippe, il secondo marito, francese, era l’uomo sbagliato al momento giusto. John era aspirante regista ma soprattutto, nella vita, un nichilista di primordine, diceva che era giusto essere disperati perché il mondo faceva schifo».

A New York frequento l’Actors Studio. «In tanti dicono d’averlo frequentato. Io sono l’unico membro a vita italiana, insieme con Francesca De Sapio».

Allo storico quotidiano di Via Solferino Anna Galiena racconta anche il suo ritorno in Italia dopo anni di successi a Broadway. «Nell’84 decisi di tornare in Italia. Stavo diventando come gli americani che pensano solo alla carriera e ai soldi e non sanno vivere. Solo che i produttori non guardavano il curriculum ma le gambe. Per una miniserie, Arriva il giudice, seppi che alla Rai commentarono: ma perché abbiamo preso questa, se dietro non ha nessuno che la raccomanda? Il regista Giulio Questi tenne duro. Il cinema d’autore non riuscivo nemmeno a conoscerlo, lavoravo nei film commerciali. Fino a quando per Il marito della parrucchiera, a Parigi, arrivò Leconte, piccolo, peperino, buffo, intelligente».

Poi all’improvviso sparì. Semplicemente perché, confessa ancora al Corsera: «Ho avuto meno voglia di apparire, dovevo ritrovarmi, non mi riconoscevo nell’immagine di donna sexy, aggressiva, sicura di sé». Per lavorare in teatro si tolse cinque anni d’età: «Mi fu suggerito di dirlo. Tutti dicevano che dopo i 40 per una attrice era difficile trovare lavoro. E io il successo l’ho raggiunto proprio a 40 anni. Ne faccio 76 a fine dicembre. E non ho mai lavorato tanto».


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