di
Giulio De Santis
Sono trentacinque i dipinti di inestimabile valore di cui si sono perse le tracce. De Chirico, Balla nella lista delle opere che potrebbero essere state trasferite in Svizzera
Ruota intorno al giallo della sparizione del quadro «il mistero e la malinconia di una strada», autore Giorgio De Chirico, valutato sette milioni e mezzo di euro, l’inchiesta della Procura di Roma sulla sparizione di 35 opere d’arte che compongono la collezione della famiglia Agnelli. Di questo dipinto esiste una copia, rinvenuta al Lingotto. Dell’originale si sono perse le tracce.
La scomparsa di un capolavoro dal valore inestimabile del patrimonio artistico italiano, chiama in causa, secondo gli inquirenti, il ministero della Cultura. Una responsabilità diretta, perché tra i compiti dei dicastero c’è quello di controllare, tracciare, conoscere ogni movimento di opere di rilevante interesse artistico. «Il mistero e la malinconia di una strada» rientra in questa categoria protetta di opere che il ministero ha l’obbligo di tutelare.
Sono altri trentaquattro i quadri d’autore facenti parte della collezione della famiglia Agnelli di cui non si sa più nulla. Il cuore dell’inchiesta del procuratore aggiunto Giovanni Conzo e del pm Stefano Opilio, per ora senza indagati, è, infatti, la mancata tutela da parte del Ministero della Cultura di queste opere che fanno nel patrimonio artistico italiano, anche se di proprietà di un privato come nel caso degli Agnelli. I reati ipotizzati sono ricettazione ed esportazione illecita di opere d’arte. La querelle giudiziaria sull’eredità dell’avvocato Gianni Agnelli, di cui la collezione è un pezzo pregiato, tra la figlia Margherita (69 anni) e i nipoti John (49), Lapo (47) e Virginia (46), è uno dei rivoli dell’indagine romana.
Ritornando al dipinto di De Chirico, gli Agnelli, come proprietari, hanno da sempre avuto il diritto di trasferirlo all’estero. A una condizione: comunicarlo al Ministero. La mancata segnalazione, qualora un giorno ricompaia l’originale, imporrà allo Stato di dare avvio alla procedura per confiscare l’opera. Una volta chiariti i doveri degli Agnelli, bisogna sottolineare i compiti dei funzionari ministeriali. Che sarebbe stati quelli di informarsi periodicamente sullo stato del dipinto. Non solo domandando in quale delle residenze fosse esposto il De Chirico. Ma anche ispezionando de visu il quadro per accertare, ad esempio, il buono stato della tela. Adempimenti obbligatori, di cui per ora non c’è alcun riscontro cartaceo. La conseguenza dei mancati controlli, secondo gli investigatori, è stata la sparizione dell’originale e la sua sostituzione attraverso la creazione di una copia.
Il quadro di De Chirico è la principale delle opere nel mirino degli inquirenti. Ma non è la sola copia scovata al Lingotto. Gli altri due quadri sono «la Scala degli addii» di Giacomo Balla e «Glacons, effet blanc» di Monet. Nel corso dell’inchiesta è emerso il sospetto che nel 2008 il dipinto di Balla nella residenza romana sarebbe stato a un tratto sostituito con una copia, approfittandosi della malattia di Marella Caracciolo, moglie di Gianni Agnelli.
Dove sarebbero finiti gli originali? Potrebbero essere stati trasferiti in Svizzera, in una delle residenze degli Agnelli. Tuttavia c’è anche la possibilità si trovino in Marocco. Destinazione finale anche per altri quadri spariti dai radar del ministero. Gli accertamenti sulle lacune dei controlli ministeriali, delegati dalla procura al carabinieri del patrimonio artistico, sono stati disposti a partire dagli anni 50. È infatti da questo periodo che non si hanno più notizie di alcun opere e da qui si riparte per rintracciarle.
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31 dicembre 2025
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