Negli ambienti finanziari milanesi, quelli dove le indiscrezioni viaggiano prima dei comunicati, da qualche giorno circola una voce che merita più di una verifica. Riguarda Delfin e la sua posizione nel capitale di Mps, oggi uno dei tavoli più sensibili del risiko bancario 2025. Secondo quanto si mormora, la holding degli eredi Del Vecchio guidata da Francesco Milleri e Romolo Bardin starebbe valutando seriamente l’ipotesi di cedere il suo 17,5% di Mps, fortemente corteggiata da Unicredit. In Piazza Gae Aulenti, del resto, il ceo Andrea Orcel non ha mai fatto mistero del suo interesse per la banca senese, pronto anche a condividere la partnership con il Tesoro (4,8%) e il gruppo Caltagirone (10,2%).

Per Orcel l’operazione è in perfetta sitonia con le sue ambizioni: mettere le mani su quel pacchetto strategico vuol dire rafforzare la propria centralità nel sistema oltre a essere partecipi di una partita che va ben oltre Siena.

Più articolato, invece, il ragionamento che si starebbe facendo dentro Delfin, dove l’azionariato non sembra compatto nel giudicare positivamente l’attivismo bancario della holding. C’è chi tra gli eredi Del Vecchio vede con insofferenza il coinvolgimento diretto nelle grandi manovre di potere finanziario. Ed è proprio da qui che nascerebbe la prima motivazione di un possibile disimpegno: il desiderio di Milleri di arrivare finalmente a una sistemazione condivisa dell’eredità, riducendo i fattori di tensione in famiglia. Ma non sarebbe l’unica ragione. Sullo sfondo pesa anche l’inchiesta della Procura di Milano, che ha trasformato una partita finanziaria in un fascicolo giudiziario, sull’idea di un presunto concerto tra Delfin e Caltagirone. Un’inchiesta che, a oggi, poggia su basi considerate fragili da molti osservatori, ma che resta comunque un elemento di disturbo in un contesto già complesso.

Secondo le voci più insistenti, l’eventuale uscita dal capitale di Mps potrebbe servire anche a

questo: dimostrare con i fatti che l’ipotesi di un asse stabile tra Delfin e l’imprenditore romano è poco più di una suggestione, alimentata dalla stampa vicina agli ex vertici di Mediobanca, oggi ai margini del grande gioco.