Ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che l’Ucraina è pronta a riprendere i negoziati diretti con la Russia, e lo farà con una linea chiara: liberazione dei prigionieri di guerra, restituzione dei bambini deportati da Mosca e preparazione di un incontro tra i capi di Stato. «L’agenda dalla nostra parte è chiara», ha scritto Zelensky sulla piattaforma X (ex Twitter). «Il ritorno dei prigionieri di guerra, il ritorno dei bambini rapiti dalla Russia e la preparazione di un incontro tra leader. È evidente per tutti che colloqui realmente efficaci possono svolgersi solo a livello di capi di Stato».

Nel suo annuncio di ieri sera, il presidente ucraino ha detto che le parti si incontreranno domani. Ma dalla Russia non è ancora mai arrivata una conferma – nelle prossime ore un segnale dovrà arrivare, positivo o neegativo.

L’ultima seduta di confronto si era tenuta il 2 giugno, e prima c’era stato lo storico incontro del 16 maggio. Entrambe le sessioni si erano concluse senza grossi risultati concreti, se non per quanto riguarda lo scambio di molti prigionieri di guerra.

È da marzo che l’Ucraina propone un cessate il fuoco incondizionato di trenta giorni, su una linea già ampiamente condivisa anche dagli Stati Uniti di Donald Trump. Solo che dall’altro lato del tavolo ci sarebbe la Russia, uno Stato criminale e imperialista che sistematicamente respinge ogni proposta di dialogo – quando nicchia ignorando le richieste è anche peggio. Le uniche controproposte che arrivano dai negoziatori russi sono brevi tregue di due o tre giorni, spesso neanche rispettate dall’esercito di Mosca.

Stavolta il Cremlino sembra aver confermato la disponibilità a partecipare a un terzo round di colloqui, ma senza indicare date. Il portavoce Dmitry Peskov ha detto che la composizione del team negoziale russo resterà invariata rispetto agli incontri precedenti: sarà sempre guidato Vladimir Medinsky, fedelissimo consigliere di Putin, ex ministro della Cultura, già autore di un osceno testo scolastico presentato nel 2023 con l’obiettivo di giustificare il conflitto in Ucraina. È da escludere quindi una partecipazione diretta da parte del ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Ancor meno di Vladimir Putin.

Proprio l’assenza di leader politici di primo piano è uno dei nodi critici sollevati da Zelensky, che da mesi insiste per un incontro tra i massimi vertici dei due Paesi: qui è dove dal Cremlino non danno impulsi né repliche.

Finora il russo più alto in grado che si esprime sui colloqui è Peskov solitamente, lo stesso che domenica scorsa ha ribadito che gli obiettivi militari russi restano invariati e saranno perseguiti «sul campo di battaglia».