La domanda che in tanti si fanno in vista del GP del Belgio è quale Red Bull vedremo a Spa-Francorchamps dopo la cacciata improvvisa di Christian Horner. Chiediamo al dottor Riccardo Ceccarelli, titolare di Formula Medicine, quali possono essere le ripercussioni nella squadra che ha vinto gli ultimi quattro mondiali piloti con Max Verstappen.
“In Red Bull si vede un trend, una linea retta che sta scendendo. C’è un calo in termini di prestazioni, ma anche nell’organizzazione. Come spesso succede, quando finisce un ciclo ci sono sempre delle fasi di assestamento”.
Oliver Mintzlaff, Managing director Red Bull GmbH, con Christian Horner prima della cacciata
Foto di: Red Bull Content Pool
Non sei sorpreso, quindi, da quanto sta accadendo?
“No, lo vediamo nel calcio, ma in generale in tanti altri sport. C’è bisogno di cambiare la linea di tendenza del trend, ma quello che si nota in questo momento è che non si vede ancora all’orizzonte cosa potrebbe far cambiare l’andamento”.
La rottura fra la proprietà Red Bull e Horner è stata traumatica?
“Se decidi di decapitare la leadership della tua squadra a metà stagione e non hai ancora organizzato il dopo, può creare una grande destabilizzazione, senza nulla togliere alle capacità di Laurent Mekies che è stato chiamato al ruolo di team principal. Questi cambiamenti avvengono d’inverno quando hai il tempo per preparare il team alle novità, altrimenti di rischia di rompere un sistema”.
“Stando alle note di cronaca quando a Christian è stato comunicato che avrebbe dovuto lasciare il team non gli hanno spiegato le ragioni del provvedimento. E quando a Milton Keynes si sono presentati il dottor Marko e Oliver Mintzlaff nel team c’è stata molta freddezza, se non quasi tensione. Questo vuol dire che la squadra non ha capito il cambiamento, né il motivo o la direzione da prendere”.
Ci saranno delle ripercussioni?
“Considero il team di F1 come un gruppo militare con un ordine gerarchico ben definito e con obiettivi ben precisi. C’è una guerra che è quella delle gare di Formula 1 dove devi vincere e ci sono delle strategie e degli obiettivi che devono essere condivisi perché anche l’ultimo dei soldati, l’ultimo dei meccanici deve conoscere le strategie, per dare il massimo in… battaglia. Ovviamente la metafora è molto esasperata in questa fase, ma rende bene l’idea”.
“La Red Bull che è di base inglese ha il management austriaco. La proprietà non si è presentata nel modo migliore con le maestranze inglesi. Non c’è stata molta delicatezza nel gestire la fase traumatica di passaggio, tanto più che ora arriva un francese, quindi un’altra espressione di comando che arriva da fuori”.
“E qui si rischia di toccare un punto molto delicato: Laurent Mekis è un ragazzo che ha fatto la gavetta, che conosce molto bene la Formula 1, che è già stato in tanti posti, anche in FIA, e ha appreso tutte le dinamiche del Circus: non dubito sulle sue capacità. Ma il problema nasce quando chi sta sopra a Laurent non riesce a dare una valida spiegazione del perché Horner è stato cacciato”.
“Christian era il loro generale e il personale di Milton Keynes si riconosceva nel capo, perché conduceva il team da vent’anni e aveva fatto quasi tutte le assunzioni. Ora c’è un momento di destabilizzazione che è arrivato senza che nessuno fosse in grado di dare delle spiegazioni”.
Laurent Mekies, Red Bull Racing Team Principal, familiarizza con alcuni membri del team
Foto di: Red Bull Content Pool
Dalla Red Bull abbiamo visto uscire Adrian Newey, Rob Marshall e Jonathan Wheatley: queste figure apicali erano andate in contrasto con Horner preferendo scegliere altre strade. Ora la sensazione è che si possa verificare un effetto opposto, vale a dire personale di provata esperienza ciascuno nel proprio ruolo che possa abbandonare la nave perché non ritrova più la guida del capitano?
“Sì, questo è il rischio. Ho lavorato per 36 anni in team inglesi e non. In Formula 1 non si può dimenticare un aspetto: è un mondo a trazione inglese. I team che vincono i mondiali sono britannici, ad esclusione della Ferrari che rompe qualche volta la tradizione. Le squadre sono basate in Inghilterra: la maggior parte dei meccanici e degli ingegneri è britannico, per cui la Formula 1 è un po’ come roba loro”.
“Quando inizi a lavorare con loro, almeno all’inizio, ti guardano con diffidenza. Solo dopo, se sei bravo ed entri nella loro mentalità, per cui tendi a inglesizzarti seguendo le loro dinamiche, ti accettano”.
Però vediamo esempi che vanno in un’altra direzione…
“Lo vediamo con Andrea Stella, che in McLaren è molto stimato, rispettato, accettato. Lo abbiamo notato con Stefano Domenicali con Liberty Media. Bisogna entrare in punta di piedi, devi lavorare per farti apprezzare e devi guadagnare il loro rispetto adottando la loro mentalità che è quella vincente”.
“Tutte le volte ci sono stati dei team basati in Germania o in Francia, o da qualsiasi altra parte, non hanno vinto niente. La Ferrari è l’unica che riesce, purtroppo non spessissimo, ma ha una tradizione quasi… millenaria. Dobbiamo prendere atto di questo aspetto: la mentalità inglese si adatta molto a questa Formula 1. Se invece arrivi con la frusta e con l’idea di comandare le truppe, non ottieni alcun risultato”.
Qual è il rischio?
“Il compito di Laurent Mekies almeno all’inizio sarà gravoso. Dovrà dare alla Red Bull un’immagine diversa da quella che il personale di Milton Keynes ha ricevuto dalla proprietà austriaca. Diversamente gli inglesi scontenti faranno presto ad andarsene: non c’è molta burocrazia, per cui è facile trovare lavoro in un’altra squadra. Puoi essere licenziato senza preavviso come puoi trovare una collocazione non lontano da casa, spostandoti al più di un’ora di macchina. In Red Bull dovranno evitare un’emorragia di personale chiave che era legato a Horner”.
Leggi anche:
In questo articolo
Diventa il primo a sapere le novità e iscriviti per ricevere notizie in tempo reale via e-mail su questi temi
Iscriviti agli avvisi di notizie