Se pensate che Inception, Interstellar e Tenet di Christopher Nolan siano film cervellotici e complicati da capire, è perché non avete mai visto questa pellicola fantascientifica del 2004. Parliamo ovviamente di Primer di Shane Carruth, uno dei più interessanti esperimenti di cinematografia indie mai realizzati, spesso considerato il film più scientificamente accurato sul tema del viaggio nel tempo, nonché uno dei più complessi in assoluto da seguire e da comprendere.
La storia segue due ingegneri, Aaron e Abe, che accidentalmente inventano una macchina del tempo durante un esperimento scientifico. All’inizio, i due amici utilizzano il macchinario con cautela e per scopi frivoli, ad esempio tornando indietro di un paio d’ore con l’intento di arricchirsi in borsa e finanziare le loro attività di ricerca. Ma, man mano che iniziano a vedere i risultati, cominciano a spingersi sempre più in là, e la tentazione di modificare eventi personali li porta a conseguenze non più controllabili. Il film ruota interamente attorno ai loro tentativi, ai successi e ai fallimenti: a ogni viaggio si aprono innumerevoli futuri alternativi, timeline multiple, multiple versioni di loro stessi e molto altro ancora, che finiscono per complicare incredibilmente la trama.
Intenso, dark e straordinariamente cervellotico, Primer richiede enorme attenzione da parte dello spettatore, che spesso necessita di ripetute visioni per riuscire a tenere traccia di tutti i dettagli e di tutte le linee temporali parallele. Oltre ad essere raccontata in maniera non lineare, la storia non offre infatti alcuna spiegazione a chi guarda. Per esempio, man mano che i due protagonisti scoprono più informazioni sul funzionamento della macchina del tempo, la trama si suddivide in molteplici realtà alternative, ma non viene mai specificato quale realtà stiamo guardando in un dato momento. Il pubblico, insomma, viene lasciato solo a decifrare la propria confusione e a tenere conto di ogni fatto, elemento e parola per poter ricomporre i pezzi del puzzle. Un’esperienza che per molti sarà sicuramente frustrante: in effetti, non si consiglia la visione a chi non abbia già familiarità con il genere sci-fi.
Tutti gli altri, però, si troveranno sicuramente di fronte a una visione stimolante, per quanto complessa. Ma la bellezza di Primer non sta soltanto nella difficoltà della storia. Dal punto di vista tecnico, l’opera resta ancora oggi impressionante per l’incredibile capacità del regista di sfruttare appieno il budget estremamente ridotto. Il film, infatti, è rimasto nella storia per essere stato realizzato con soltanto 7000 dollari e una crew di appena 5 persone, cosa che però non gli impedisce affatto di rivaleggiare con blockbuster ben più blasonati. Non potendo contare su straordinari effetti speciali o inquadrature sofisticate, Primer si basa interamente sulla storia per tenere sempre viva l’attenzione degli spettatori. Una scelta deliberata di Carruth, laureato in matematica ed ex ingegnere, che ha deciso di non semplificare neppure gli aspetti più complicati, per non scendere a compromessi con il pubblico.
Il risultato è un film che fa della “confusione” la propria bandiera. Lungi dall’essere un difetto, questa è stata proprio la caratteristica che lo ha fatto diventare un cult tra gli appassionati di viaggi nel tempo.
Fonte: Collider
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