Venerdì 1 agosto, Donald Trump ha licenziato la direttrice del Bureau of Labor Statistics Erika L. McEntarfer, accusandola di aver falsificato i dati sul mercato del lavoro americano. Come se il governo italiano licenziasse il capo dell’Istat, in pratica.
I nuovi dati sull’occupazione negli Stati Uniti non solo sono risultati inferiori alle attese, ma hanno rivisto al ribasso pure i numeri degli ultimi mesi con 258mila posti di lavoro in meno rispetto a quanto inizialmente previsto. Per Trump, però, è tutto falso. E i dati sarebbero stati «truccati» da McEntarfer per scopi politici.
Un licenziamento che ha pochi precedenti nella storia degli Stati Uniti e che amplifica, tra l’altro, la percezione di debolezza dell’economia americana nel bel mezzo della guerra commerciale.
Ma Trump da tempo ha un rapporto conflittuale con le statistiche ufficiali sull’andamento del mercato del lavoro. Già nella campagna del 2016 aveva accusato il Bls di diffondere dati falsi, salvo poi fare marcia indietro l’anno dopo quando le cifre sull’occupazione erano invece positive. Ma per il presidente americano, il problema restano le revisioni statistiche sul numero dei posti di lavoro, quello che ora l’ha fatto infuriare. Il fatto che a un certo punto dell’anno il Bls faccia una correzione e dica che sono stati creati meno o più posti di lavoro rispetto alle stime iniziali per Trump sarebbe «una bugia totale». Ma in realtà dipende se si trova alla Casa Bianca o no.
Le revisioni statistiche annuali, con gli aggiustamenti al rialzo o al ribasso, sono una cosa normale nella raccolta dei dati, non solo negli Stati Uniti. E tra l’altro le dimensioni di queste revisioni sono sempre più importanti, visto che – come avevamo scritto – sempre meno persone rispondono alle indagini mensili e i campioni si assottigliano.
Il Bureau of Labor Statistics americano stima la variazione mensile dell’occupazione a livello nazionale su circa 119mila datori di lavoro, coprendo circa il 30 per cento del mercato del lavoro. Non tutte le aziende rispondono in tempo, per cui la tecnica statistica usata presuppone che le aziende che non hanno risposto si siano comportate allo stesso modo di quelle che lo hanno fatto. Come qualsiasi sondaggio, insomma, l’indagine è soggetta a errori. Per ottenere una stima più completa, poi, il Bls utilizza i dati sui redditi e i sussidi di disoccupazione, che non sono aggiornati mensilmente ma coprono circa il 97 per cento dell’occupazione negli Stati Uniti. E una volta l’anno, le stime vengono quindi adeguate in un processo chiamato di “benchmarking”, con revisioni al rialzo o al ribasso.
Nel 2019, durante il primo mandato di Trump, ad esempio, il Dipartimento del Lavoro ha rivisto al ribasso di 514mila i posti di lavoro totali riportati nelle stime mensili. Nel 2009, la revisione era stata addirittura di -902mila posti.
Nell’agosto del 2024, poi, in piena campagna elettorale, Trump disse che invece era stato lui a far «trapelare» la revisione al ribasso di 818mila posti di lavoro, che Biden e Harris avrebbero voluto nascondere in vista delle elezioni. In realtà, il Bureau of Labor Statistics aveva già annunciato la data di pubblicazione della stima preliminare ad agosto, come ogni anno. «L’amministrazione Harris/Biden è stata colta in flagrante mentre manipolava fraudolentemente le statistiche sul lavoro per nascondere la vera portata della rovina economica che ha inflitto all’America», disse Trump. «I nuovi dati del Bureau of Labor Statistics mostrano che l’amministrazione ha gonfiato i numeri con un extra di 818mila posti di lavoro che non esistono».
Certo, Trump non è né il primo né l’ultimo. Ridisegnare la realtà, selezionando e leggendo i dati parzialmente, con angolazioni favorevoli, è un vecchio gioco politico. I giochi di prestigio statistici sono comuni, così come l’occultamento dei numeri scomodi.
Ma le «epurazioni statistiche» di Trump rischiano di essere più radicali, ha scritto il Washington Post, denunciando che molte pagine online delle agenzie governative statistiche ora danno “errore 404”. Scomparse, in pratica. Il Doge dell’ei fu Elon Musk, con l’obiettivo di risparmiare, ha annullato molti contratti per la raccolta programmata dei dati e i numeri sono stati del tutto cancellati. Anche quelli vecchi.
Il problema è che quando i leader politici si intromettono nei dati statistici raramente finisce bene, avverte il New York Times. Un caso emblematico è quello della Grecia, dove il governo ha falsificato i dati sul deficit per anni, contribuendo alla dolorosa crisi del debito. Andreas Georgiou, il funzionario del Fondo monetario internazionale che svelò l’entità della falsificazione del bilancio di Atene, è stato poi processato per alto tradimento e condannato per aver fatto il suo lavoro, ovvero una revisione realistica dei dati di bilancio della Grecia.
Georgiou ha spiegato più volte quanto statistiche affidabili e indipendenti siano importanti per l’elaborazione delle politiche pubbliche e per il buon funzionamento della democrazia. «Le statistiche ufficiali sono uno specchio che la società mostra a sé stessa», ha detto. Se quello specchio è distorto, o completamente rotto, allora qualcosa smette di funzionare. Certo, ha ammesso, «a volte si tratta di sguardi scomodi sulla realtà».
E per l’economia americana, quello che si prospetta potrebbe essere molto scomodo in effetti. Una revisione al ribasso sui posti di lavoro può mostrare infatti una crescita molto più debole di quanto si pensasse in precedenza. I datori di lavoro statunitensi hanno creato oltre 250mila posti di lavoro in meno a maggio e giugno rispetto a quanto inizialmente riportato: in pratica, quello che in precedenza sembrava un solido incremento di oltre 140mila posti di lavoro al mese, ora sembra essersi rivelato un incremento molto più debole, inferiore ai 20mila posti di lavoro.
Le aziende che non hanno risposto all’indagine iniziale potrebbero avere difficoltà a restare aperte, ad esempio. O potrebbero aver chiuso del tutto. Da qui la revisione al ribasso. Ma non è detto che sia così. C’è stato infatti un flusso costante di revisioni negative durante gran parte dell’amministrazione Biden, mentre l’economia cresceva e la disoccupazione è rimasta bassa.
È la statistica, bellezza. Quella che non piace a Trump. O che Trump non ha capito, o finge di non capire.
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