Dalla Vuelta che si avvicina al destino dei giovani talenti italiani, passando per i grandi temi del ciclismo moderno. Con Davide Cassani, figura autorevole e osservatore attento del mondo delle due ruote, abbiamo aperto una finestra sulla stagione 2025, che entra ora nella sua seconda metà. Tra le incognite post-Tour legate a Jonas Vingegaard e la voglia di riscatto di Juan Ayuso, ci interroghiamo su chi potrà davvero recitare un ruolo da protagonista nella corsa spagnola, che scatterà il 23 agosto dalla Reggia di Venaria. Una Vuelta che offre opportunità anche agli italiani: Antonio Tiberi può puntare al podio, anche grazie a una cronometro favorevole? Giulio Pellizzari è pronto a vestire i gradi di capitano dopo il sorprendente Giro d’Italia? Con l’ex ct azzurro, voce della tv di Stato, torniamo anche su un progetto ambizioso mai realizzato: la creazione di una squadra italiana World Tour. Infine, spazio alle nuove promesse come Lorenzo Finn e a scelte cruciali come quella di Filippo Ganna, sempre più proiettato verso la strada.
Vingegaard arriva come favorito alla Vuelta o potrebbe pagare le fatiche del Tour?
“Sì, sarà sicuramente il grande favorito. È il corridore da battere, anche se non sarà l’unico protagonista. In particolare, occhio alla coppia UAE con Almeida e Ayuso: se troveranno un’intesa tecnica e tattica, potrebbero rappresentare un’alternativa molto insidiosa. La loro gestione interna sarà decisiva”.
Sarà la Vuelta del riscatto per Ayuso? Pensi possa anche vincerla?
“Credo di sì, Ayuso ha le qualità per farlo. Bisognerà capire come si muoverà la UAE dal punto di vista gerarchico: se punteranno su di lui come prima punta o se verrà preferito Almeida. Non abbiamo informazioni precise su ciò che accade dietro le quinte del team, ma Ayuso è un corridore forte e competitivo. Molto dipenderà dal suo approccio psicofisico alla corsa”.
Pogacar ha rinviato ancora una volta l’appuntamento con la Tripla Corona. È una scelta che condividi?
“Assolutamente sì. Tentare la Tripla Corona è uno sforzo enorme, sia fisico che mentale, e lo si è visto anche nel finale di Tour. Pogacar è già sottoposto a una pressione costante, e ha comunque corso in modo straordinario: tutte le classiche, il Tour, ora punta al Mondiale e al Lombardia. Oggi, se arriva secondo quando corre, è come se avesse perso”.
Evenepoel veniva presentato come il “nuovo Merckx”, ma ora questo paragone sembra calzare di più a Pogacar. Pensi che Remco soffra psicologicamente il confronto con Tadej?
“Credo che la sofferenza sia più fisica che psicologica. A cronometro Remco è ancora il migliore, ma Pogacar ha un vantaggio: è forte su tutti i terreni, in ogni corsa. Evenepoel ha fatto bene a fermarsi e preparare il finale di stagione, ma deve ancora definire la sua identità ciclistica. Pogacar, per continuità, versatilità e qualità, è l’unico che possiamo davvero paragonare a Merckx”.
I 46 km a cronometro alla Vuelta possono consentire ad Antonio Tiberi di giocarsi il podio?
“Sulla carta sì, ma la Vuelta è una corsa molto particolare. Non sono tanto le cronometro a fare la differenza quanto gli arrivi in salita, che sono numerosi e spesso molto esplosivi. Servono doti specifiche per reggere in quei finali. Antonio ha grandi qualità, ma sarà fondamentale capire se ha il cambio di ritmo necessario per restare con i migliori nei momenti decisivi”.
Il 6° posto al Giro d’Italia darà a Giulio Pellizzari la possibilità di correre la Vuelta da capitano? O sarà al servizio di Hindley?
“Credo che per un corridore giovane come Giulio, dopo un Giro così brillante, sia più giusto approcciare la Vuelta con leggerezza. Può imparare molto e magari puntare a una tappa, senza farsi ossessionare dalla classifica generale. Sarebbe il suo secondo Grande Giro nella stessa stagione: un’occasione di crescita, non un peso”.
Con il probabile arrivo di Evenepoel alla Red Bull-Bora Hansgrohe, Pellizzari rischia di rimanere schiacciato? Torna il solito problema della mancanza di una squadra World Tour italiana?
“È inevitabile che l’arrivo di un big come Evenepoel renda tutto più complicato. Giulio dovrà dimostrare di valere quei livelli per ritagliarsi i propri spazi. La squadra resta un buon ambiente per crescere, ma servirà pazienza. Se ha davvero il talento che pensiamo, alla fine emergerà comunque. Certo, il problema dell’assenza di un team World Tour italiano pesa eccome”.
Anni fa hai provato a creare una squadra World Tour: qual è stato l’ostacolo principale?
“Ci ho provato, come hanno provato altri. Il vero ostacolo è sempre stato economico: servono almeno 20 milioni di euro per costruire un team di quel livello, e in Italia non ci sono queste risorse. È un peccato, perché abbiamo passione e competenza, ma non risultiamo abbastanza attrattivi per gli investitori a livello internazionale, nonostante gli ascolti durante le corse siano sempre altissimi”.
Che idea ti sei fatto delle prestazioni stagionali di Lorenzo Finn? Quali possono essere le sue prospettive?
“Sono convinto che Finn abbia le carte in regola per diventare un grande corridore. Ha talento e sta seguendo un percorso intelligente, senza bruciare le tappe. Non deve paragonarsi a fenomeni come Remco o Seixas. Deve crescere con pazienza, passo dopo passo. Il futuro è dalla sua parte”.
Secondo te, la decisione di Filippo Ganna di abbandonare momentaneamente dalla pista è quella giusta?
“Sì, la trovo una scelta corretta. Si può lasciare la pista per un paio d’anni e poi tornare in vista di un’Olimpiade. In questa fase della carriera è giusto che Ganna si concentri sulla strada, dove può ancora vincere molto e rafforzare la sua identità di corridore”.