Per molto tempo sono state parte del paesaggio. Le loro locandine con gli attori protagonisti raggruppati e intenti in pose buffe ed esagerate comparivano davanti ai cinema più volte l’anno. Se erano parodie di altri film, questi erano richiamati in modo esplicito: spesso erano gli horror più visti della stagione precedente. Se il soggetto era una storia originale, l’ambientazione o il sottogenere erano evidenti, che si trattasse di una storia sexy o di una di spie. Se funzionava la prima, si poteva stare certi che nel giro di un paio d’anni sarebbe arrivata la 2, poi la 3, forse anche la 4.
Le commedie demenziali sono state per un po’ una presenza costante dell’industria del cinema finché non lo sono state più. Dopo aver raggiunto i loro massimi successi a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila, pian piano sono sparite. Per dare l’idea, l’ultima commedia demenziale segnalata dal sito specializzato Box Office Mojo è PPZ – Pride + Prejudice + Zombies, una parodia dei film di zombi uscita nel 2016, nove anni fa.
Per questo il nuovo Una pallottola spuntata, che peraltro sta inaspettatamente piacendo alla critica, potrebbe sembrare un’anomalia. In realtà ce ne sono almeno altre due attualmente in produzione: Spinal Tap II: The End Continues, secondo capitolo di un famoso film uscito nel 1984 che dileggiava i documentari celebrativi delle rockstar, e Scary Movie 6, sesto capitolo della storica saga che ridicolizzava i luoghi comuni dei film horror e slasher, e che ottenne una certa popolarità agli inizi degli anni Duemila.
I primi sette film per incassi tra quelli classificati come commedie demenziali su Box Office Mojo uscirono tra il 1999 e il 2006, il periodo d’oro del genere. Dei primi 50, solo tre sono usciti dopo il 2010. Dan Gregor e Doug Mand, che hanno scritto insieme ad Akiva Schaffer la sceneggiatura di Una pallottola spuntata, hanno detto a Slate che i grandi studi di Hollywood hanno perso interesse perché, da almeno una quindicina d’anni, hanno cominciato a privilegiare film ad alto budget, tra i 150 e i 200 milioni di dollari. Quando investono somme così grandi, gli studi pretendono incassi molto significativi, vicini o superiori al mezzo miliardo di dollari.
Nessuna commedia demenziale ha mai neppure lontanamente raggiunto dei risultati del genere. Solo cinque nella storia hanno superato i 100 milioni di dollari. Ma secondo il critico cinematografico Steve Perrin, un altro motivo che spiega il calo di popolarità delle commedie demenziali è che mancano gli obiettivi da prendere in giro.
I primi film di Jim Abrahams e dei fratelli David e Jerry Zucker, tra gli inventori delle commedie demenziali per come le intendiamo oggi, uscirono in un periodo pieno di film di genere e saghe di grande successo, di quelle conosciute dal pubblico in maniera trasversale. L’aereo più pazzo del mondo del 1980 prendeva in giro celebri disaster movie – quelli in cui la vita dei protagonisti è messa in pericolo dall’incombere di una catastrofe – degli anni Settanta, come Airport e Zero Hour! Il successivo Top Secret! (1984) univa la parodia dei film di guerra, dei thriller di spionaggio e dei musical anni Cinquanta, ancora molto nitidi nella cultura popolare, e lo stesso fece la trilogia di Una pallottola spuntata con i polizieschi degli anni Ottanta.
Questa tendenza continuò anche nel ventennio successivo: nel 2000, l’anno di Scream 3, uscirono due film che prendevano apertamente in giro la saga horror di Wes Craven: Scary Movie e Shriek – Hai impegni per venerdì 17? Oggi però escono molte meno saghe del tutto nuove, e ricorrere a sequel, reboot e spin off di universi narrativi già esistenti e di sicuro successo è una delle strategie commerciali principali delle grandi case di produzione, che preferiscono ricorrere a storie già esistenti piuttosto che inventarne di nuove.
Le commedie demenziali hanno quindi meno materiale originale da cui attingere per creare nuove parodie, anche perché sono molto più rari di un tempo i grandi film che vedono tutti, come lo sono stati di recente per esempio Oppenheimer e Barbie.
– Leggi anche: I film che vedono tutti sono sempre più rari
Anche se i primi esempi di commedie demenziali risalivano agli anni Sessanta e Settanta – Il nostro agente Flint (1966), parodia dei film di spie, Mezzogiorno e mezzo di fuoco (1974), dei western, oltre a quelli dei Monty Python – fu il collettivo Zucker-Abrahams-Zucker che trovò la formula per derivare parodie dai filoni di successo del cinema.
Costruirono le loro sceneggiature su una comicità immediata, a volte triviale e sempre fine a sé stessa, fatta di doppi sensi, freddure e gag slapstick, cioè che coinvolgono la fisicità dei personaggi. Un’altra intuizione, che diventò una cifra distintiva del loro cinema, fu ingaggiare attori noti, rispettati e famosi principalmente per ruoli drammatici, come Robert Stack, Lloyd Bridges, Peter Graves e soprattutto Leslie Nielsen.
Il lavoro di Zucker-Abrahams-Zucker ispirò molte altre commedie demenziali, come Balle spaziali, Austin Powers, Superhero e Mordimi, tra le tante, e il filone fu sperimentato anche in Italia. Tra gli anni Novanta e Duemila a provarci fu soprattutto Ezio Greggio, anche se con film distantissimi dalle loro controparti americane per regia, ritmo e qualità della sceneggiatura, come Il silenzio dei prosciutti (1994), Killer per caso (1997) e Box Office 3D – Il film dei film (2011). In qualche modo possono essere accostati al genere anche film italiani più curati e ambiziosi, come Non ci resta che piangere (1984), una parodia grottesca e surreale dei film sui viaggi nel tempo, e La leggenda di Al, John e Jack (2002), il finto gangster movie del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo.
Sebbene le commedie demenziali siano quasi scomparse, secondo Gregor e Mand alcuni loro meccanismi comici sono ancora in voga, anche se sono usati in altri tipi di film. Un esempio recente è quello di Deadpool & Wolverine, film del Marvel Cinematic Universe diretto da Shawn Levy e uscito la scorsa estate, che secondo i due sceneggiatori «è più vicino a Una pallottola spuntata che a Batman, e in un modo meraviglioso».
– Leggi anche: Il decennio degli horror d’autore