Quanto è complesso trattare di cultura russa oggi? Con la guerra e le atrocità che sono ancora in atto, è opportuno parlarne? Bisogna farlo a bassa voce o urlarlo? Questo libro di Paolo Nori è un oggetto peculiare, modesto e semplice, che risponde a queste domande complesse con arguzia, senza pretese di verità ma mostrando un’esperienza personale. Questa è un viaggio che Nori ha fatto in Russia, a San Pietroburgo, nel 2023, con l’obbiettivo di scrivere un libro sul Museo Russo della città, testo che pensato per inaugurare una collana di Laterza dedicata a vari musei, dal titolo, appunto, Una notte al museo, nella quale uno scrittore trascorre una notte in un museo e ne racconta le suggestioni. Ma il testo che ne risulta racconta invece pochissimo di quel museo («Il più grande museo di cultura russa», spiega Nori, studioso e traduttore di letteratura russa), concentrandosi sull’esperienza del viaggio, sugli elementi interessanti presenti nella città, sull’esperienze vissute con le persone e sulla dualità Russia/Occidente.

Quello di Nori è un reportage culturale di sensazioni, in cui la risposta alle domande prima scritte è la cultura, la letteratura, l’arte russa stessa, distanti dalla politica: «Immaginare, poi, che la mia ammirazione per la lingua, la cultura e la gente russa sia necessariamente ammirazione per i governanti, russi, sarebbe come immaginare che le migliaia di studenti che vengono, tutti gli anni, in Italia, ci siano venuti e ci vengano perché hanno ammirato Paolo Gentiloni, o Giuseppe Conte, o Enrico Letta, o Matteo Renzi, o Giorgia Meloni, o Mario Monti».

Tutto il libro segue questo stile elementare, fatto di periodi corti, coordinate secche, parole centellinate, spesso ripetute, dando alla lettura un ritmo veloce e musicale, come un pensiero preciso che vien costruito e detto man mano, senza vergogna di non sapere qualcosa. Le pagine volano così via veloci, tra commenti ironici, rimandi a numerosi scrittori e artisti, come Dostoevskij, Gogol’, Malevich, ma anche le notti bianche, Stalin, il dissenso politico, le paure dei cittadini, la guerra in Ucraina.

Lo sguardo di Nori non è mai accusatorio verso nessuno, né verso i russi né verso gli italiani che ergono i russi a nuovi demoni. Si limita solo a ricordare le cose più importanti, come l’importanza della grande letteratura, che non ha confini, e la costante volontà di rimanere civili. Elementi sempre più a rischio, come lo stesso autore ricorda più volta con leggerezza. Quest’ultima è la sensazione che Una notte al museo Russo lascia più di ogni altra, un fatto incredibile se si considerano i temi e gli autori di cui si parla nel libro; la prima cosa che si vuol fare, dopo aver finito il testo, è andare in libreria e comprare un libro di Puškin, o Dostojevskij o Čechov e leggerli, senza pensare ad altro.