È una sera di Quaresima del 1881. Al teatro Goldoni di Venezia va in scena “La principessa di Bagdad” di Alexandre Dumas (figlio), una commedia scritta per la rivale Sarah Bernhardt. Sul palcoscenico c’è lei, Eleonora Duse, la “divina” che trasforma la pièce in metafora della crisi dei valori borghesi come il denaro, il sesso, la famiglia, il matrimonio e soprattutto il ruolo subalterno della donna. Per l’attrice, la società perbenista del suo tempo era marcia e non aveva remore a condannarla in teatro come nella vita.

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A Venezia, nella città che molto amava, sarà nuovamente sul “palcoscenico”. In occasione della prossima Mostra del cinema, come protagonista del film in concorso “Duse” di Pietro Marcello, che racconta l’ultimo tormentato periodo della vita dell’attrice. Interpretata da Valeria Bruni Tedeschi e, nel ruolo della figlia Enrichetta, Noémie Merlant, la “divina” affronta la Grande guerra, l’ascesa del fascismo e problemi finanziari. Del film si sa ancora molto poco, ma il regista di “Martin Eden” molto probabilmente legherà la decadenza esistenziale della divina con quella di un intero Paese che si avvia verso la dittatura fascista. Vedremo.

LA PROTAGONISTA

Capigliatura folta, lineamenti un po’ irregolari, viso sempre senza trucco, la Duse aveva un legame profondo con Venezia: il nonno Luigi, attore che aveva creato la maschera di Giacometto Spasemi, era nato a Chioggia e in laguna l’attrice passò i primi anni della sua infanzia. Venezia resterà sempre il suo luogo dell’anima, ed è a Venezia, all’Istituto per il teatro e il melodramma della fondazione Giorgio Cini, diretto da Maria Ida Biggi, che si raccoglie gran parte dell’archivio personale dell’attrice donato nel 1968 dalla nipote, Eleonora Bullough.
Nata per caso a Vigevano nel 1858 durante una tournée della compagnia teatrale dei suoi genitori, sul principio degli anni Novanta, Eleonora, nelle pause dei suoi impegni, si trasferisce a Venezia e frequenta il mondo degli artisti e degli intellettuali che gravitavano in laguna; i suoi luoghi preferiti sono il Casin dei Spiriti alla Misericordia, il Palazzo Contarini Del Zaffo, il giardino Eden alla Giudecca. Scrive all’amico Giuseppe Primoli: «Mi sono aggiustata una piccola casa, muri dipinti a calce, all’ultimo piano di un vecchio palazzo a Venezia sotto i tetti, e con una grande, grande finestra a ogiva».

Nel 1894, Eleonora per un periodo va ad abitare all’ultimo piano di Palazzo Barbaro sul Canal Grande di proprietà del pittore russo Aleksandr Volkov. I due si erano conosciuti per la prima volta nell’inverno del 1888 a Venezia, quando l’attrice aveva partecipato, in compagnia dell’amica Mathilde Acton, ad una serata a Palazzo Malipiero. L’artista russo è in contatto con l’aristocrazia russa di casa nel palazzo alle Zattere della principessa Dolgorukaja, un salotto frequentato da molti nobili russi come Lev Gagarin, amico intimo della contessa veneziana Albrizzi, dal conte Lamzdorf, un ricco proprietario terriero originario della costa baltica, dal principe Četvertinskij, noto a Venezia come “Tchett”, e della principessa Paulina von Metternich.

La Duse è già una diva di prima grandezza e i salotti aristocratici veneziani fanno a gara per averla come ospite, del resto, l’attrice non ha nessuna difficoltà a trattenere i convitati: ha carattere, è intelligente e ha un ricco repertorio di battute che certamente non lesina per mettere alla berlina il ricco mondo che pure la ospita. In fondo, è un’attrice, ma è soprattutto un’anticonformista, molto attenta al rispetto dei diritti delle donne.

D’ANNUNZIO

Complice la comune amica Matilde Serao, la Duse e Gabriele D’Annunzio si incontrano nel 1894 all’hotel Danieli: è l’inizio di una relazione sentimentale che durerà nove anni. La «Duse adorava Venezia – ricorda la Serao – ciarlava in dialetto veneziano con un accento incantevole; ella si vantava di essere oriunda chioggiotta e quando si accigliava sosteneva che era un suo bisnonno, un navigatore di Chioggia che guardava, al largo, sul mare».

Dal 1912 Eleonora avrà una seconda casa a Venezia, alle Zattere, di proprietà del pittore veneziano Silvio Giulio Rotta, ed è qui che viene a trovarla il poeta Rainer M. Rilke. Lei ha 54 anni ed è infelice, lontana dalle scene ormai dal 1909, lui ne ha 37 ed è ammaliato da quel fascino seppure sfiorente. Se ne innamora. Il 20 luglio, passano assieme la sera della festa del Redentore, e il poeta scrive: «La Duse oggi era magnifica, la sua tristezza era tale come ci si immagina debbano avere le nuvole, in alto; la si chiama tristezza, ma in realtà è solo spazio immenso, né sereno né desolato semplicemente grandissimo».

L’attrice dopo la Grande guerra vorrebbe tornare a vivere a Venezia, ma non sa dove potrebbe abitare e scrive a Volkov: «Ho bisogno di rifare la mia casa a Venezia. Ho trascorso giugno-luglio colà, cercando dovunque. Niente mi ha attratto. Nessuna delle case che ho visto nessuna; soltanto una cara piccola casa a destra dell’Accademia e la cara casa lassù in alto, la vostra presso San Gregorio. Vi domando questa casa e dovete rispondermi con gentilezza, anche se fosse un no».

Nel 1920, l’attrice manifesta la voglia di ricomparire sulle scene: «Forse ritroverò la mia sorte se rientro nel regno dell’Anima che è il regno dell’arte scrive all’amico Ermete Zacconi Per questo tremo e me ne angoscio pure, ma bisogna che io ritorni sulle mie tracce». Qualche anno dopo, fonda una sua compagnia iniziando una tournée in Italia e poi a Londra e a Vienna. Parte poi per gli Stati Uniti dove, minata dalla tubercolosi, il 21 aprile del 1924 morirà sola in una camera d’albergo di Pittsburgh.
Come da lei richiesto, la Duse è sepolta nel cimitero di Sant’Anna ad Asolo, dove aveva una casa.