voto
6.5
- Band:
CASTRATOR - Durata: 00:35:53
- Disponibile dal: 15/08/2025
- Etichetta:
- Dark Descent
Streaming non ancora disponibile
“Coronation Of The Grotesque” è il secondo full-length delle Castrator, formazione nata nel 2013 a New York, inizialmente come progetto internazionale; infatti, nel corso dei primi anni di attività nel gruppo si sono alternate musiciste provenienti da Stati Uniti d’America, Colombia, Messico, Norvegia e Svezia.
A partire dal 2022 la filosofia della band internazionale è venuta meno per lasciare spazio a una formula più tradizionale. In questo senso, l’ultima incarnazione è composta interamente da artiste statunitensi: Clarissa Badini (voce), Sara Loerlein (chitarra), Robin Mazen (basso) e Carolina Pérez (batteria). Castrator è senza dubbio una realtà di prim’ordine e ben inserita nell’underground death metal americano, in cui emerge la figura della fondatrice Mazen, nota per essere anche la bassista dei Gruesome e dell’iconico combo death-doom Derkéta.
Come si sarà già capito, “Coronation Of The Grotesque” è un lavoro saldamente ancorato al classico death metal di matrice americana, e ciò viene ulteriormente confermato dalla lista di nomi che hanno messo mano a questo album a livello di produzione. Il disco è a tutti gli effetti un lavoro itinerante, essendo stato registrato in vari studi a stelle e strisce: il Redneck di John Tardy degli Obituary, che ha curato le parti di basso; l’Obsidian Audio di Jordan Milner per voci e chitarre; lo Smoke And Mirrors Productions dell’attuale chitarrista dei Deicide, Taylor Nordberg, sempre per le sei corde; il Mercinary Studios del chitarrista dei Nunslaughter, Noah Buchanan, per batteria, mixaggio e masterizzazione.
Il lavoro è composto da dieci tracce di death metal duro e puro, in linea con la maggioranza delle produzioni dell’etichetta Dark Descent Records, nome tra i più attivi nel supportare il ritorno sul mercato delle sonorità a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta.
Non siamo al cospetto del classico gruppo che prova a clonare i capisaldi del death metal; al contrario, pur restando sempre dentro i binari del genere, viene fuori una discreta creatività nel lavoro di chitarra di Loerlein, la quale dimostra di conoscere bene la lezione dei maestri delle scuole floridiana e newyorkese, ma ci mette anche del suo nella costruzione degli intrecci e dei giochi di melodie in un vortice continuo di riff e assoli ben studiati e mai banali. In questo senso, ci sono richiami a diversi giganti del death metal americano, come per esempio i Suffocation, quando ci si avventura nelle scale più o meno intricate, o gli Immolation, ma soprattutto in chiave rallentamenti e non dissonanze.
Sulle parti più standard affiorano echi dai classici Deicide, Cannibal Corpse e Malevolent Creation, sia quando si accelera in tremolo sia quando si frena o si dialoga con le variazioni della batteria. Il focus qui è più sul creare un puzzle di cambi di tempo piuttosto che sulla furia. Da sottolineare la ricercatezza e la qualità degli assoli di chitarra, che riescono a dare vita a un’atmosfera capace di fondere due estremi opposti come caos e armonia, creando una sorta di ponte tra death americano e scandinavo.
Il lavoro di Loerlein si integra alla perfezione con la voce di Badini, che si dimostra un valore aggiunto nel destreggiarsi tra un profondissimo gutturale e parti più esasperate alla Glen Benton. La sezione ritmica è dinamica e variegata con tante rullate, cambi di tempo, stacchi, accenti sui piatti, doppia cassa e qualche rallentamento claustrofobico al limite dello slam.
I tempi dominanti sono cadenzati e a media velocità, il tutto inframezzato da brevi accelerazioni basate su un blast-beat moderatamente spinto e che a volte in effetti zoppica un po’. Pérez fa un buon lavoro nel costruire un tappeto di batteria preciso e quasi meccanico, ma manca parecchio mordente nelle parti più estreme, dove non osa praticamente mai.
Insomma, una buona ritmica death metal che però spinge pochissimo sull’acceleratore, il che è una mancanza grave quando si guarda ai gruppi d’Oltreoceano. Ciò non significa che bisogna sempre e comunque spingersi all’estremo come i Brodequin, ma un utilizzo più ragionato dei blast-beat sarebbe più azzeccato, magari sperimentando più varianti (bomb blast, gravity blast ecc.) in modo da rendere il tutto più vivace; qui invece questa mancanza di mordente penalizza un po’ la qualità complessiva del resto.
Nel complesso “Coronation Of The Grotesque” è un’opera solida e con poche stonature, che fa bene quando si parla di voce e chitarra e che si difende per quanto riguarda le altre sezioni musicali, senza però brillare davvero.
Due chicche finali, comunque degne di nota: l’ottima cover di “Metal Command” degli Exodus e la fenomenale orgia di sangue e gore della copertina, affidata al leggendario tatuatore texano Jon Zig.