Sulla condizione, fisica e mentale, di Tadej Pogačar durante la seconda metà del Tour de France 2025 si è detto molto. Lo sloveno era in totale controllo della corsa, tanto da aver staccato nettamente anche il suo grande rivale, Jonas Vingegaard, in classifica generale, con ancora una settimana abbondante di tappe davanti. Inoltre, il campione della UAE Emirates XRG aveva vinto quattro volte nell’arco dei primi 13 giorni di corsa, dando la sensazione di potersi ripetere ancora parecchie volte da lì a Parigi. Poi, però, qualcosa è cambiato, con Pogačar che è rimasto “a secco”, a fronte di un umore che è sembrato volgere al brutto, con l’andare delle tappe.

Sul tema si era espresso nei giorni scorsi anche Joxean Fernández “Matxin”, direttore sportivo della UAE, che aveva parlato di un atteggiamento tattico, quello del correre in “difesa”, che aveva probabilmente “annoiato” Pogačar. A parziale conferma della cosa arrivano anche i racconti di Michael Storer, che degli andamenti tattici del recente Tour de France è stato spesso parte in causa, soprattutto come attaccante da lontano.

Il corridore della Tudor è intervenuto durante la trasmissione Domestique Hotseat, dando il suo punto di vista in particolare sulle tappe di montagna: “So che, una volta sicuramente, Tadej ha deciso di non vincere la tappa. Era la numero 14, quella con arrivo a Superbagnères, che ha poi vinto Thymen Arensman – le parole di Storer – Ho trovato strano, quel giorno, che la UAE avesse tirato a tutta per tutto il giorno e poi lui, sull’ultima salita, non avesse fatto nulla. Per quello che mi hanno riferito, lungo la strada ci sono stati dei versi di disapprovazione da parte del pubblico presente e quindi i direttori della squadra hanno deciso che quel giorno era meglio che Pogačar non vincesse, in modo da tenere i tifosi francesi dalla loro parte. E penso che abbiano tenuto in conto la cosa anche durante l’ultima settimana del Tour: non volevano vincere tutto”.

Storer aggiunge, dal suo punto di vista di attaccante da lontano: “A La Plagne (tappa numero 19, vinta anche quella da Arensman – ndr) può anche essere che non avesse le gambe, ma a Superbagnères aveva proprio detto ai compagni che non voleva vincere. Però – l’analisi dell’australiano – se sai già che non vuoi vincerla, potresti lasciar andare subito la fuga e non spremere la squadra per tutto il giorno. Forse io sono un po’ troppo della vecchia scuola, ma penso che abbia molto più senso fare così. Anche perché si vedeva che i ragazzi della UAE erano molto stanchi a fine Tour, e anche lo stesso Tadej sembrava stanco. Non penso che correre in quel modo possa essere considerato un atteggiamento difensivo“. E qui sembra esserci un riferimento alle parole di Matxin.

Quello della libertà di fuga rimane un aspetto molto rilevante nel ciclismo di questi tempi: “Io penso che uno come Pogačar non dovrebbe puntare a vincere tutte le tappe. Si potrebbe anche dire, a volte, che quando le squadre più grandi lasciano andare la fuga, di fatto hanno deciso di lasciarti vincere. A volte, però, la fuga riesce anche a stare davanti nonostante dietro la vogliano riprendere. In quel caso, per certi versi, si può anche dire che è una vittoria che ancora conta. Alla Vuelta a España 2025 non ci sarà Tadej e magari torneremo a vedere fughe con 10 minuti di vantaggio. Però, non ci sarò neanche io…”.