di
Angela Cotticelli

Sintomi, cause, il ruolo del «compagno fobico» e l’impatto del caldo. Cosa possono fare i genitori per aiutare i ragazzi e non entrare in una spirale di evitamento

Gli attacchi di panico possono manifestarsi a qualsiasi età, ma colpiscono con maggiore frequenza durante l’adolescenza, in particolare tra i 14 e i 18 anni. Non sono rari nemmeno nei bambini tra gli 8 e i 10 anni, e tra gli adulti tendono a essere più comuni tra i 30 e i 35 anni. 

Ma perché si verificano soprattutto in estate e perché è fondamentale saperli riconoscere precocemente? Lo abbiamo chiesto a Claudio Mencacci, psichiatra e Co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia



















































Cosa accade durante un attacco di panico

«Un attacco di panico irrompe improvvisamente, in modo potente e incontrollabile – spiega Mencacci -. Chi lo vive sperimenta una forte sensazione di perdita del controllo, con la convinzione di stare per morire, impazzire o svenire. Si tratta di un’esperienza intensa, vissuta come pericolosa per la propria vita e per il proprio equilibrio psicofisico. Dopo il primo episodio può instaurarsi un’ansia anticipatoria: la persona entra in uno stato di allerta costante, temendo il ritorno dell’imprevedibile. Si attiva così la ricerca di zone di comfort, luoghi e situazioni percepiti come sicuri, e si sviluppa una forte tendenza ad evitare contesti dove non sia possibile fuggire facilmente o ricevere aiuto. Questo comporta spesso una crescente dipendenza da una figura rassicurante, nella maggior parte dei casi un genitore, che diventa il “compagno fobico”, ovvero la persona che accompagna e tranquillizza rispetto all’eventualità di un nuovo attacco. In questi giovani, spesso dotati di una personalità sensibile e lievemente ansiosa, si assiste a un aumento dell’evitamento e a un rischio concreto di sviluppare dipendenze emotive e limitazioni che condizionano le scelte future».

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Attacchi di panico: l’impatto dell’estate e del caldo

«Oltre il 70% degli attacchi di panico si verifica durante il giorno, in particolare tra le 6 e le 18, e sono più frequenti nei mesi caldi: dalla fine della primavera fino ad agosto – sottolinea lo psichiatra -. L’estate, con il suo aumento delle temperature e della luce, agisce sia da fattore scatenante sia da amplificatore dei sintomi. Il caldo, infatti, sollecita il sistema nervoso simpatico, rendendo l’organismo più reattivo e sensibile agli stimoli. Aumentano il battito cardiaco, la sudorazione, la vasodilatazione e la frequenza respiratoria: segnali corporei che possono essere percepiti come minacce, soprattutto da chi ha una vulnerabilità di base. Inoltre, il caldo comporta spesso disidratazione, che accentua sintomi come vertigini, debolezza e palpitazioni. Un altro meccanismo centrale è l’iperventilazione. In presenza di ansia, la respirazione si fa più rapida e superficiale, alterando i livelli di anidride carbonica nel sangue. Questo provoca sintomi come formicolii, alterato senso della realtà, confusione e vertigini, che possono essere interpretati come segnali di un imminente collasso fisico o mentale. La conseguente percezione catastrofica, “sto per morire”, “sto per impazzire”, chiude il ciclo dell’attacco di panico».

Le cause: predisposizione e contesto

Le teorie sulle cause degli attacchi di panico sono molteplici. Si parla di predisposizione genetica, ipersensibilità neurofisiologica, esperienze precoci di separazione e difficoltà nell’interpretare correttamente i segnali corporei. «L’adolescente è in una fase in cui non conosce ancora bene il proprio corpo: le sensazioni fisiche possono essere confuse, spaventare e generare interpretazioni catastrofiche. In questo contesto, la luce e la temperatura estive intensificano le risposte somatiche come tachicardia, sudorazione, affanno e debolezza, che a loro volta attivano risposte neurochimiche e cognitive di allarme. Un passaggio fondamentale nel trattamento e nella prevenzione è aiutare gli adolescenti a vivere il proprio corpo come un alleato. Devono imparare a tradurre i segnali fisiologici che ricevono, distinguendo tra veri segnali di pericolo, come quando si attraversa la strada, e situazioni in cui il corpo è semplicemente in allerta, ma non in pericolo».

Cosa possono fare i genitori 

Quando un adolescente ha un attacco di panico, la prima cosa da fare è aiutarlo a ristabilire l’equilibrio. «È utile farlo bere, preferibilmente acqua con sali minerali, e guidarlo verso una respirazione più lenta e profonda. Anche se difficile da insegnare sul momento, può essere utile proporre tecniche semplici come il ritmo respiratorio 4-7-8: inspirare per 4 secondi, trattenere per 7, espirare per 8. Rassicurarli è essenziale. Non bisogna minimizzare, ma nemmeno alimentare la paura. È importante spiegare che ciò che stanno vivendo, per quanto angosciante, non è pericoloso, né significa che stiano impazzendo. Anche i genitori, comprensibilmente spaventati, devono mantenere la calma e dare un nome a quanto ha vissuto il figlio per aiutarlo a superare. Dopo un attacco di panico è comune cercare risposte in ambito medico, dal cardiologo per la tachicardia, dall’otorinolaringoiatra per le vertigini o dal gastroenterologo per il senso di nausea. È però fondamentale rivolgersi rapidamente ad uno psicoterapeuta o psichiatra per evitare che il disturbo si cronicizzi e diventi uno stile di vita basato sull’evitamento. Prima si interviene, prima si può spezzare il circolo vizioso. Bisogna aiutarli a non rinunciare alla vita», conclude.

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7 agosto 2025