Si indaga sulla morte di Stefano Argentino. La Procura ha disposto il sequestro della salma del 27enne che si è impiccato ieri con un lenzuolo alle grate della finestra. Era reo confesso per il femminicidio di Sara Campanella, la studentessa universitaria di 22 anni sgozzata in pieno centro dal collega d’università dopo mesi di stalking.
Un delitto era avvenuto davanti a molti testimoni e la ragazza era riuscita anche a registrare col telefonino gli ultimi momenti della sua vita.
Le indagini coordinate dalla Procura di Messina, diretta da Antonio D’Amato, puntano ora a fare chiarezza sull’esatta dinamica di quanto accaduto in carcere, per il momento senza indagati né ipotesi di reato.
Il cambio di regime carcerario sotto la lente della procura
Argentino, originario di Noto, detenuto da marzo. Da poche settimane gli avevano tolto il regime di alta sorveglianza passando a quello ordinario. Una decisione che ora sarà valutata dagli inquirenti, soprattutto alla luce della segnalazione del suo legale Giuseppe Cultrera che più volte ha parlato di disagio mentale del giovane tanto da chiederne la perizia psichiatrica.
Il legale non sapeva neanche che gli avevano tolto la sorveglianza. “L’ho appreso solo ieri, Non sappiamo da quanto tempo fosse così, non ci è stato comunicato nulla”, spiega. “Stefano era seguito da uno psicologo e da uno psichiatra – aggiunge Cultrera – ma era un ragazzo molto fragile. L’ultima volta l’ho visto lunedì: mi ha detto: ‘sai Peppe, qui dentro non è semplice'”.
Cosa è accaduto
Secondo quanto ricostruito, Argentino era inizialmente stato collocato in una cella singola, poi condivisa con un altro detenuto e infine occupata da quattro persone. Il giovane sarebbe andato in bagno intorno alle 5 del pomeriggio, quando due compagni di cella erano fuori per l’ora d’aria e si trovava solo con un altro detenuto anziano che non si sarebbe accorto di nulla.
Ora è tanta l’amarezza del legale che aveva chiesto una nuova perizia psichiatrica. “Forse, alla luce di quello che è successo, non era poi così sbagliato”, ha commentato con amarezza Cultrera che aspetterà di avere il quadro completo su quanto accaduto prima di presentare un eventuale esposto. Aspetterà anche che la famiglia sia un po’ più serena per valutare come muoversi. almeno un po’ più serena, valuteremo come muoverai. “Ma di certo non lasceremo che il caso venga dimenticato”, aggiunge.
Niente processo
Con la morte di Argentino si chiude così la vicenda giudiziaria ancora in corso per l’omicidio di Sara Campanella: il 10 settembre sarebbe dovuta iniziare la prima udienza davanti alla Corte d’assise. Con la morte dell’imputato, il reato di omicidio si estingue (“mors rei”), il procedimento penale si chiude e le parti civili perdono ogni spazio processuale ma si apre un nuovo fronte: quello delle responsabilità sulla sua custodia in carcere e sulle scelte legate al suo regime detentivo.
C’è dunque la possibilità che la famiglia del suicida ottenga un risarcimento dallo Stato per omessa vigilanza, mentre la famiglia di Sara Campanella non avrà mai nessun indennizzo né da lui né dai suoi genitori. Al massimo potrà accedere al fondo pubblico per le vittime di reati intenzionali violenti. “La cifra sarebbe irrisoria, simbolica – spiega l’avvocato della famiglia Cettina La Torre a MessinaToday – che ammonterebbe a cinquantamila euro complessivi e solo per i genitori. Non dimentichiamo che nonostante l’umana pietà Argentino rimane l’assassino di Sara”.
La beffa risarcimenti
Sulla beffa risarcimenti Adnkronos ha contattato l’avvocato e direttore di “Giurisprudenza Penale” Guido Stampanoni Bassi, per capire cosa può succedere ora: “La famiglia del detenuto suicida può ottenere un risarcimento dallo Stato, indipendentemente dal reato compiuto o se era stato accertato o meno. L’art. 2 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo impone allo Stato di proteggere la vita di chi è sotto la sua custodia; la mancata prevenzione di un suicidio configura responsabilità civile (e talvolta penale) dell’amministrazione penitenziaria”.
Il precedente di Antonio Citraro
“Il caso ricorda la sentenza ‘Citraro e Molino c. Italia’ della Corte di Strasburgo”, prosegue l’avvocato Stampanoni Bassi: “Antonio Citraro si era impiccato nel 2001 nello stesso carcere, il Gazzi di Messina. Dopo ben 19 anni e molti procedimenti, nel 2020, i genitori ottennero 32.900 euro perché lo Stato, pur conoscendo il rischio, non aveva impedito il gesto”.
Chi paga (e chi no)
Il nostro ordinamento prevede un risarcimento civile, a carico del responsabile, a favore dei coniugi, genitori o figli delle vittime di omicidio, che viene liquidato durante il processo penale. Ma cosa può fare ora la famiglia di Sara Campanella? “In teoria potrebbe citare in giudizio (civile) i familiari di Stefano Argentino, ma attenzione: se non dovessero accettare l’eredità del defunto, questa strada si chiude immediatamente”.