Viadana Il rugby è una misteriosa ed equilibrata accozzaglia di idee e regole che apparentemente non hanno senso né logica eppure c’è una certezza che chiunque abbia la passione per questo sport ben conosce. E cioè che tutto è calibrato con una precisione quasi ingegneristica affinché questa disciplina, in una visione d’insieme, si manifesti come un mosaico perfetto. Uno dei tanti strati di questo ingegnoso e sofisticato meccanismo è il ruolo con la maglia numero 3, il famigerato pilone destro. A Viadana si è appena aggregato al gruppo proprio un pretendente a questa maglia: Lautaro Saisi che avrà un’agguerrita concorrenza in Bruno Vallesi e in Rodrigo Oubina, una delle personalità più spiccate del “branco” dei leoni gialloneri.
Lautaro, qual è stata la prima sensazione appena sei arrivato?
«La prima settimana di precampionato è stata fisicamente impegnativa, con test e tanto gioco con la palla per guadagnare un po’ di respiro. Ho anche trovato una squadra socialmente ricettiva e determinata nel conquistare il proprio posto in campo, ma con una sana competizione, e questo aiuta molto nell’adattamento e nel rapporto con i giocatori».
Oltre al rugby…
«Da bambino giocavo a calcio, ma ho smesso e ho provato il sollevamento pesi olimpico un’estate. Ho dovuto smettere quando è iniziata la stagione del rugby perché era un po’ controproducente tenere attive entrambe le opzioni. E mi piace scalare montagne quando vado in vacanza».
Qual è l’obiettivo che ti sei posto?
«Vorrei raggiungere un obiettivo con il Viadana che abbia un impatto positivo sul club. Personalmente, il mio obiettivo sarebbe quello di mantenere un gioco costante e sciolto e, ovviamente, la mischia, ed essere sempre pronto a qualsiasi opportunità che possa presentarsi».
Quando non giochi a rugby cosa ti piace fare?
«Quando ero bambino giocavo a calcio, come portiere, ma davvero male. Ora mi piace cucinare. Sto anche scrivendo un libro e l’anno scorso sono riuscito a prendere un diploma in Francia: mi piace studiare. Mi sono laureato in Argentina, ma un giorno prenderò il titolo di studio anche in Europa. Un’altra cosa importante è mantenere la disciplina nello studio e pensare al domani senza perdere la concentrazione sul presente. Studio e cucino, in poche parole!»
Potresti raccontarci la tua… storia ovale?
«Ho iniziato all’età di 4 anni nel Club Pueyrredón di Buenos Aires, ma giocavo anche a calcio e visto che continuavo a fare falli – ride di gusto – mio padre mi portò al San Isidro per un provino. Ho giocato tutta la mia vita a Puey fino al 2022, quando mi hanno chiamato per partecipare alla preseason con il Jaguares XV. E’ andata bene e mi hanno scelto per far parte della squadra che avrebbe giocato la SLAR. Dal Jaguares XV, una volta terminato il torneo, mi hanno chiamato per giocare a Chambery in Francia. Sono rimasto a Chambery per una stagione, poi ho firmato per il Digione, dove ho giocato per un anno. Quando è iniziata la seconda annata, il club è fallito per problemi finanziari: questo mi ha costretto a cercare un altro team a metà stagione, cosa difficile dato che tutte le squadre erano già formate. Dopo quasi due mesi, il Chartres mi ha cercato per unirmi alla loro squadra come jolly medico e sono rimasto fino alla fine della stagione. Non ho rinnovato con loro perché siamo arrivati primi nel torneo con l’obiettivo della promozione, ma poi siamo stati retrocessi per problemi amministrativi invece di poter giocare i meritati play off».
Cosa ti ha dato la Francia?
«Mi ha portato molti vantaggi: sono riuscito a migliorare il mio apporto in mischia, che considero un punto di forza del mio gioco e del mio modo di vedere questo sport. Il rugby in Francia è fisico in termini di colpi e si concentra molto sulla gestione della mischia».
Alessandro Soragna