di
Silvia M.C. Senette

A Tarzo (Treviso) l’opera dello scultore rappresenta la tradizione del Veneto e la fragilità dell’ambiente. Protesta di Avs: sorge in una zona protetta

La nuova opera di Marco Martalar, lo «scultore di Vaia», è una Fenice del bosco che si fa leone. È una storia di distruzione e rinascita, un ruggito di speranza che sale dalle colline del Prosecco e arriva fino al cuore del Veneto, l’ennesima creatura mitologica dello scultore che dà nuova vita al legname degli alberi schiantati dalla tempesta del 2018. Il suo ultimo capolavoro, inaugurato mercoledì scorso nel trevigiano tra le discrete proteste di un gruppo di ambientalisti, è «Il leone alato»: un’opera grandiosa, simbolo di resilienza, che guarda al futuro senza dimenticare il dolore delle ferite.

Alto sette metri

È Martalar stesso a raccontare il suo gigante di legno. «Finalmente, dopo mesi di lavoro e tanta fatica – racconta sollevato -. L’ho realizzato con oltre 3.000 pezzi di radici di alberi e le dimensioni sono imponenti: è il leone in legno più grande al mondo, con un’altezza di oltre sette metri e dieci di lunghezza”. Un progetto a lungo covato, spiega. «Il leone alato è nato come idea molti anni fa, quando avevo creato il mio primo leone. I committenti all’inizio volevano quel leone, però era troppo piccolo e debole per poterlo esporre all’esterno per tanto tempo. Quindi con il tempo è maturata l’idea di costruirne uno di nuovo, più grande e robusto: il leone alato».



















































Larici rossi e tralci di vite

L’opera, voluta e commissionata dall’Associazione per il Patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, si trova nella località di Fratta di Tarzo, a 400 metri di altitudine in provincia di Treviso. A comporla, rivela l’artista, sono «i larici rossi schiantati dalla tempesta Vaia con cui è fatto il corpo e la criniera, realizzata con le viti esauste, il legno dei tralci che usano qui per il Prosecco». Una scelta che ha un forte valore simbolico, perché «le piante sono del territorio: quando le viti muoiono, le sradicano e ne piantano di nuove. Infatti sono belle grosse, avevano sicuramente 30-40 anni. Me le ha donate un’azienda agricola locale».

Tradizione e attenzione all’ambiente

Il leone alato di Martalar è un omaggio alla storia e all’identità veneta, un ponte tra un passato glorioso e un presente segnato da un’emergenza ambientale sempre più pressante. «L’opera incarna i valori di forza, protezione e giustizia della Serenissima Repubblica – racconta lo scultore -. Da sempre emblema identitario della città lagunare e dell’intero Veneto, il leone alato è legato non solo alla figura di San Marco, patrono di Venezia, ma anche alla tradizione culturale della regione». Ma c’è di più. «L’opera è anche una riflessione sulla fragilità della natura e sulla necessità di proteggerla. L’uso di materiali provenienti dalla devastazione richiama l’idea che anche dalla distruzione possa nascere qualcosa di straordinario e potente».

La protesta di Avs

L’inaugurazione di mercoledì 6 agosto è stata un evento partecipato, con la presenza del presidente della Regione Veneto, il sindaco di Treviso e i rappresentanti di istituzioni e associazioni. L’evento però, è stato anche teatro di una piccola polemica: membri di Alleanza Verdi e Sinistra hanno protestato contro l’ubicazione dell’opera in un’area naturale protetta dalla Rete Natura 2000 e hanno esposto uno striscione con la scritta «Un sito protetto non è un parco giochi», denunciando una velata operazione di marketing del Prosecco.
L’artista, dal canto suo, lavora senza sosta. «Ci ho messo tre mesi a dare alla luce il leone alato», dice. E nonostante la fatica, non si ferma; anzi, il suo lavoro va oltre le sculture. Ora è spesso ospite alle serate dedicate al film documentario “Nella pelle del drago”, diretto da Katia Bernardi e presentato in anteprima al Trento Film Festival 2025. Un film che racconta la storia del suo «Drago Vaia» di Lavarone, distrutto da un incendio e rinato dalle sue stesse ceneri. «La pellicola è stata selezionata al film festival di Cervinia e domenica scorsa ha vinto il premio come miglior film documentario italiano alla XXVIII edizione del Cervino CineMountain. Io sono spesso ospite alle proiezioni per parlare del mio drago».

Una nuova opera vicino a Brunico

E il legno di Vaia? «Ce n’è ancora, in abbondanza. Non è un problema», assicura Martalar. L’artista continua a cercarlo nei boschi, direttamente in collina ad Asiago, e non esclude un futuro lontano dai boschi del Trentino e del Veneto: «Qualcosa in Alto Adige potrebbe nascere, magari più avanti», rivela confermando di essere «in trattativa» per la realizzazione di «una nuova opera nei dintorni di Brunico», anche se «non c’è ancora niente di certo». Il leone di Fratta di Tarzo potrebbe quindi avere a breve un «fratello» altoatesino: un’opera che, come le altre, darà nuova vita al legno spezzato e porterà un messaggio di speranza e rinascita anche in queste valli.


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7 agosto 2025