Dopo le nomine dei medici no vax nel comitato consultivo sui vaccini, il ministro della salute Schillaci diffonde il panico con un’intervista (ieri alla Stampa):«Stiamo pensando di togliere i dipendenti della sanità dal perimetro della Pubblica amministrazione».

L’ideona dipenderebbe dal fatto che la P. a. «comporta molte più rigidità contrattuali», spiega il ministro. Apriti cielo. La sanità fuori dalla pubblica amministrazione a molti evoca la fine del Servizio sanitario nazionale, oppure la possibilità di assumere medici con contratti individuali e con le modalità più disparate, stile gettonisti. «Significa privatizzare di fatto un rapporto di lavoro in un settore la cui importanza e universalità è sancita nella nostra Costituzione» dice ad esempio Daniela Ruffino di Azione. Nel pomeriggio da Lungotevere Ripa arriva una precisazione.

«La proposta – spiegano fonti ministeriali – è di spostare la contrattazione dalla pubblica amministrazione al ministero della salute, con meno vincoli sulla parte economica. Ma il servizio e i contratti rimarrebbero pubblici come oggi». Parole che da un lato rassicurano l’Anaao, principale sindacato tra i medici ospedalieri favorevole da sempre a una valorizzazione della figura del dirigente medico: «Siamo convinti che nelle recenti dichiarazioni del ministro Schillaci non ci sia affatto la volontà di trasformarci da dipendenti del Ssn a liberi professionisti» aveva detto il segretario Pierino Di Silverio. Ma ai sindacati che difendono i lavoratori del comparto – infermieri, operatori sanitari, tecnici e amministrativi – il riferimento alla flessibilità non piace per niente. «Rappresenta un’implicita ammissione dell’inefficacia del nuovo contratto collettivo nazionale, che non riesce ad essere attrattivo e a rispondere ai bisogni del servizio sanitario nazionale e dei suoi dipendenti e che, proprio per questo, ci siamo rifiutati di firmare» dice Federico Bozzanca, segretario della Funzione Pubblica Cgil.

Il timore è che quella di Schillaci non sia stata un’espressione infelice, ma il tentativo di sondare la reazione dell’ambiente a una deregolamentazione più ampia. In effetti, nell’intervista alla Stampa Schillaci ha annunciato altri provvedimenti che puntano alla privatizzazione. Per esempio, viene data per «tramontata» l’idea di portare i medici di base nel servizio pubblico: rimarranno liberi professionisti, come oggi. Significa affossare in partenza la riforma della sanità territoriale fondata sulle case di comunità. Mantenendo l’attuale regime contrattuale, infatti, i medici non potranno tenerle aperte in permanenza come prevede la legge, e allo stesso tempo presidiare gli studi privati e garantire l’assistenza domiciliare. Non a caso il ministro adesso non parla più di case di comunità ma di «maxi-ambulatori» (rinunciando all’integrazione tra servizi sociali e sanitari, la vera innovazione della riforma) aperti «almeno 12 ore al giorno» e non 24 come promesso nel Pnrr.

Non si fermano poi le polemiche sulle nomine nel Nitag, il comitato consultivo del ministero sulle vaccinazioni. L’inclusione di Eugenio Serravalle e Paolo Bellavite, fautori dell’omeopatia e scettici sui vaccini, ha irritato la comunità scientifica. «La presenza di soggetti che hanno attivamente contribuito alla diffusione di disinformazione in tema vaccinale rischia di produrre un grave danno comunicativo e culturale, legittimando posizioni antiscientifiche e minando la fiducia dei cittadini», ha detto ieri il presidente della Società italiana di igiene Enrico Di Rosa. Schillaci minimizza: «vedremo se è sfuggito qualcosa, non credo ci sia un solo componente che non riconosca l’importanza dei vaccini».

Nel pomeriggio però si apre una crepa difficilmente sanabile: Francesca Russo, stimata responsabile sanità pubblica e prevenzione del Veneto appena nominata nel comitato, si tira indietro. «La decisione – scrive nella lettera di dimissioni – è maturata a seguito della valutazione della composizione del gruppo, nella quale sono presenti componenti che, in passato, hanno più volte espresso pubblicamente posizioni non coerenti con le evidenze scientifiche in materia di vaccinazioni». Ma forse le dimissioni più urgenti non sono le sue.