Alcuni migranti nello spostamento verso un centro d'accoglienza nel nostro Paese

Alcuni migranti nello spostamento verso un centro d’accoglienza nel nostro Paese

Camere sovraffollate, persone migranti costrette a dormire in tenda, topi che infestano gli alloggi e cure mediche inadeguate. Queste sarebbero le condizioni del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia, denunciate dalla ong No Name Kitchen, che da dicembre 2024 a giugno 2025 ha intervistato decine di ospiti sulle condizioni igienico-sanitarie della struttura, raccogliendo a fine luglio i risultati nel report “Benvenuti nel vuoto”. Al momento, la crisi sembra rientrata: la prefettura di Gorizia, contattata a inizio agosto da Avvenire, assicura che il Cara non è sovraffollato e che «i posti occupati, dei 300 in convenzione, sono circa 250». Sono gli stessi uffici, però, a confermare che in passato il centro ha affrontato problemi di sovraffollamento: «Le tende sono state usate anche la scorsa estate», spiegano.
Le testimonianze dei richiedenti asilo a Gradisca d’Isonzo, raccolte in 21 visite, denunciano condizioni abitative e igieniche precarie. «Adesso vivo in un stanza – racconta un ospite accolto al suo ingresso in una tenda –, ma ci è voluto un mese e mezzo prima di essere trasferito». Secondo una mappatura di No Name Kitchen, nel dicembre 2024 erano presenti 44 tende, di cui almeno 24 occupate stabilmente da 8 persone ciascuna. Per un totale di 192 residenti in tenda, che negli scorsi mesi hanno anche affrontato infestazioni: «Ci sono topi nella mia tenda – denuncia un richiedente asilo –. L’ho detto agli operatori, ma non hanno fatto nulla. Dobbiamo eliminarli da soli».
Gli intervistati sostengono che le tende siano dotate di otto brandine ciascuna, appoggiate su un telo plastificato a contatto diretto con il suolo. D’inverno, perciò, il freddo aggraverebbe l’abitabilità degli alloggi, riscaldati, secondo le testimonianze, da una sola stufa elettrica. «L’elettricità è un problema serio – lamenta un ospite –. Abbiamo solo due ore di elettricità al giorno». Per la precisione, come puntualizzano altri residenti, dalle 22 alle 24.
Fuori dagli alloggi, quando il Cara è sovraffollato, anche le strutture sanitarie rischiano di essere insufficienti. «Ci sono solo due stanze con docce per tutto il centro», racconta un ospite che lamenta lunghe attese per i bagni e condizioni igieniche precarie. Secondo No Name Kitchen, «la promiscuità, l’insufficienza igienica e l’esposizione a parassiti» riscontrate a Gradisca d’Isonzo violerebbero l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che vieta il «trattamento inumano e degradante», ma la prefettura di Gorizia ribatte che «nelle ispezioni, effettuate regolarmente, non sono state riscontrate situazioni di questo tipo». E aggiunge: «Al più, abbiamo avuto difficoltà nella gestione dell’immondizia davanti al Cara, ma abbiamo già fatto richiesta di raccolte aggiuntive all’azienda municipalizzata che se ne occupa».Alcuni ospiti intervistati da No Name Kitchen, malati durante i mesi invernale, hanno denunciato anche diversi ostacoli all’assistenza medica: «Ci sono troppe persone malate nelle tende – spiega un richiedente asilo –. Tossiscono, hanno febbre, sinusite. Ma nessuno viene davvero curato. Si limitano a dire: “Prendi una compressa e torna domani”». E ancora un altro ospite: «Dopo sei mesi in tenda, ho iniziato ad avere sintomi simili all’influenza. Il medico mi ha dato solo una pastiglia di ibuprofene al giorno. Non mi ha visitato». La Prefettura spiega che tutti i richiedenti asilo, al loro ingresso, vengono iscritti al Servizio sanitario nazionale (Ssn) e che «hanno a disposizione un infermiere per 24 ore al giorno» ma, secondo testimonianze raccolte da No Name Kitchen, nella prassi quotidiana «molti residenti del Cara non risultano iscritti al Ssn» per «ragioni non del tutto chiare».
Secondo Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà con sede a Trieste, il sovraffollamento nel Cara di Gradisca d’Isonzo non è una novità: «È una situazione già verificata in passato. In una visita ispettiva, anni fa, vidi le stesse tende e le condizioni precarie denunciate oggi». Il vicedirettore della Caritas di Gorizia Adalberto Chimera, però, spiega ad Avvenire che molti problemi nascono prima ancora che le persone entrino nel Cara: «La nostra diocesi vede arrivare molte persone dalla rotta balcanica e ciclicamente il sistema, per chi attende di entrare nei percorsi di protezione del ministero degli Interni, va in affanno. Ora non lo è, ma in inverno sono molte parrocchie e volontari ad aiutare le persone migranti a trovare un posto per dormire, lavarsi e mangiare in sicurezza».