voto
7.5
- Band:
PANOPTICON - Durata: 01:00:40
- Disponibile dal: 15/08/20225
- Etichetta:
- Nordvis Produktion
Streaming non ancora disponibile
Sarà la vicinanza di confine con Neil Young, ma Austin Lunn ha iniziato finalmente a mettere ordine nei propri archivi, riassemblando idee emerse in tempi diversi per costruire album di senso compiuto.
A livello discografico, “Songs Of Hiraeth” è il primo momento di riflessione che l’artista si concede dal debutto (il doppio “Revision Of The Past” del 2016 si limitava a raccogliere “…On The Subject Of Mortality” e “Social Disservices”), e raduna a sé sette composizioni precedentemente pubblicate su EP, split album o semplicemente dimenticate nel cassetto.
Avrebbe meritato senz’altro una maggiore visibilità il trittico iniziale, originariamente pubblicato in uno split con Wheels Within Wheels, one-man band che si muove in territori drone black metal, e che offre a Panopticon l’occasione di sperimentare nuove espressioni per la raffinata scrittura del suo leader.
La libertà creativa concessa da queste uscite più estemporanee consente quindi a “The Road to Bergen” di abbracciare melodie shoegaze dai toni autunnali, che richiamano le produzioni di Nohr in casa Prophecy, mentre la successiva “From Bergen to Jotunheimen” sfuma la maestosità morriconiana di Lunn con intarsi chitarristici da guitar hero, prima di sciogliersi in una delicata coda elettroacustica che cita apertamente gli Alcest.
Proprio gli autori di “Souvenirs d’un autre monde” sembrano essere una chiara fonte d’ispirazione anche per “The White Mountain View”, che si sviluppa per oltre dieci minuti tra arpeggi sospesi, melodie eteree ed improvvise impennate black metal. Con “Haunted America II” – seconda parte di un brano scritto per un EP con i Lake of Blood, il registro cambia drasticamente, e dall’atmospheric black metal iniziale si passa a un drumming serrato, tribale che esplode in una seconda sezione dominata dal death metal.
All’interno della raccolta, “The End Is Growing Near” è il brano più convenzionale (e breve), un placido fluire di tastiere sullo sfondo del quale si scatena una tempesta elettrica che, a ondate successive, lascia senza fiato.
In un contesto così eclettico, delude parzialmente la scelta di includere “A Letter” e “The Eulogy”, entrambi precedentemente pubblicati in uno split con i Vestige, a scapito di inediti più coraggiosi. Pur essendo perfettamente godibili, infatti, i due pezzi rappresentano episodi minori nella discografia di Panopticon: così, “A Letter” si muove con mestiere tra ritmiche serrate e interludi più delicati, mentre “The Eulogy” si propone come chiusura epica, in un crescendo che dal post-metal dei The Ocean tracima in un black metal trascinante, ma tutto sommato piuttosto canonico.
In definitiva, se con “Laurentian Blue” Austin Lunn mostrava il suo lato più intimo e la capacità di muoversi con disinvoltura attraverso generi differenti, è proprio “Songs of Hiraeth” a consacrarlo definitivamente come uno dei più importanti songwriter e arrangiatori della sua generazione, alimentando la curiosità per i tesori che potrebbero ancora celarsi nei suoi archivi.