VHO (PIADENA) – Da che parte stai? è il titolo del film documentario che il regista Alessandro Scillitani e la sua Artemide Film hanno dedicato alla figura di Giuseppe Morandi, fotografo, documentarista e intellettuale mai subalterno scomparso il 14 novembre dello scorso anno. Il trailer del film sarà presentato sabato 23 agosto alle 18 presso la Biblioteca Baratta (corso Garibaldi) durante un incontro con Paolo Barbaro e Carlo Arturo Quintavalle. A seguire il pubblico potrà trasferirsi nella vicina Casa del Mantegna (via Acerbi) dove fino al 24 agosto una mostra ripercorre attraverso oltre cento scatti, per lo più inediti, la carriera di Morandi. Il lavoro è stato commissionato a Scillitani – autore, tra l’altro, de Il Cammino della Postumia – dalla Provincia di Cremona.
Nato nel 1937 al Vho di Piadena, Morandi comincia a fotografare giovanissimo i ‘paisan’ della sua terra, proprio mentre le campagne stanno vivendo una trasformazione radicale in senso economico e sociale e, quindi, antropologico. Lo influenzano Mario Lodi, maestro e pedagogista suo compaesano, e Gianni Bosio, storico di Acquanegra sul Chiese. Tecnicamente è un autodidatta, ma con le sue immagini Morandi riesce a dare voce, dignità e storia a gente – braccianti e bergamini – che voce, dignità e storia non le hanno mai avute. «Le fotografie di Morandi sono state accostate alla ricerca sociale di Walker Evans e Dorothea Lange che tra il 1932 e il 1939 furono protagonisti del progetto di documentazione dei problemi sociali legati alla depressione delle aree rurali negli Stati Uniti, (…). E ancora similitudini sono state riscontrate con il lavoro di August Sander che nella Germania pre-nazista pianificò un catalogo della società tedesca attraverso una serie di ritratti di lavoratori e lavoratrici. Con la differenza che Morandi appartiene al mondo che rappresenta e conquista non solo ‘il diritto all’immagine’ ma addirittura la padronanza degli strumenti della rappresentazione quali macchina fotografica, cinepresa, ciclostile, magnetofono», spiega la nota che accompagna la mostra alla Casa del Mantegna. «Non sono il fotografo delle immagini rubate o delle fotografie messe in posa… quando fotografo ho già visto tante volte quello che fotografo, l’ho vissuto con le persone che fotografo», ammette Morandi. Conferma Giovanna Marini, cantautrice e ricercatrice etnomusicale: «Nelle fotografie di Morandi le ‘pumatere’ o i bergamini ‘ti fissano e sembra che ti dicano ‘Guardami un po’, sì sono proprio io e sono proprio così, bé?!’ E si capisce che Giuseppe Morandi ti sta dicendo: ‘Questa è la mia gente, e io me li porto dentro così come sono, e io sono come loro e ne sono fiero’». È in questa direzione che va l’idea di fondare, nel 1967 insieme a Gianfranco Azzali, la Lega della cultura di Piadena, che promuove cultura popolari e tradizioni, ma anche diritti sociali. Morandi fotografa, realizza documentari, gira corti, scrive un diario in dialetto. Il suo lavoro è riconosciuto a livello internazionale. Oltre che in numerose città italiane, Morandi espone a Berlino, Lisbona, Cambridge, San Francisco, Washington e Madeira. Nel 2013 riceve il premio Solinas, nello stesso anno in cui il riconoscimento è assegnato a Marco Bellocchio. Si dichiara «quasi imbarazzato», dedica il premio alle persone che per mezzo secolo hanno accompagnato il suo impegno e la sua battaglia. È Mazzotta a pubblicare i suoi libri, tra cui: I paisan (1979), Volti della Bassa Padana (1984), Cremonesi a Cremona (1987), Quelli di Mantova (1991), La mia Africa (2001), Vecchi e nuovi volti della Bassa Padana (2011).
«In un suo film più recente, El Calderon (1999), la macchina da presa percorre i luoghi svuotati di una cascina abbandonata, mentre nella colonna sonora risuonano le voci registrate quando era abitata e in attività – ha scritto Alessandro Portelli su il manifesto, ricordando la morte di Morandi-. Sembrano fantasmi che tornano senza corpo in uno spazio senza più vita. Nonostante tutto, c’è molta morte nell’opera di Morandi. Quando facemmo una rassegna dei suoi film a Roma, nel 2014, qualcuno si sentì offeso perché erano tutti su uccisioni di animali – il maiale, l’oca, il cavallo… Avremmo dovuto aiutarli a capire che Morandi stava parlando di una cultura che ogni giorno vive facendo i conti con la presenza della morte. E lui lo sentiva. Il suo primo film è Morire d’estate; il suo libro di racconti si intitola La proprietaria del morto. Ho sempre immaginato, anche nei giorni di festa, di percepire nel suo sguardo una traccia di tristezza, di conoscenza del dolore, che rendeva ancora più preziosa la sua passione per la vita». Ora il docufilm di Scillitani a raccontare Morandi e il suo sguardo sul mondo.