Roma, 10 agosto 2025 – “La crisi del personale sanitario, ad oggi, è la principale criticità del Servizio sanitario nazionale ed è il problema principale di cui dovrebbe preoccuparsi la politica”. A tracciare il quadro della sanità pubblica italiana è il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.

Perché lo ritiene il problema principale?

“Non solo per le gravi carenze di infermieri e di alcune specialità mediche, ma per il livello di demotivazione e disaffezione del personale dipendente con aumento di pensionamenti anticipati e licenziamenti volontari. E perché a cascata condiziona tutti i problemi delle persone: liste di attesa, pronto soccorso affollati, migrazione sanitaria, aumento della spesa privata, sino alla rinuncia alle prestazioni sanitarie”.

Nel 2024 quasi il 10% della popolazione ha rinunciato a una o più prestazioni sanitarie. Sul fronte delle liste d’attesa qual è la situazione?

“Il Ssn non è più in grado di garantire le prestazioni in tempi compatibili con i bisogni di salute. E se i tempi sono inaccettabili, si è costretti a rivolgersi al privato. Ma se i costi superano la capacità di spesa, la prestazione diventa un lusso e la scelta obbligata è rinunciare. Le liste d’attesa sono uno dei sintomi del grave indebolimento del Ssn, non un fenomeno da combattere a colpi di decreti”.

La sanità è il tema centrale sul quale si gioca la sfida delle prossime regionali. A oggi quali sono le Regioni in cui il Ssn mostra le maggiori carenze?

“Secondo la ‘pagella ufficiale’ del ministero della Salute, pubblicata qualche giorno fa, nel 2023 solo 13 Regioni hanno rispettato gli standard essenziali di cura nelle tre aree della prevenzione e dell’assistenza distrettuale e ospedaliera. Rimangono inadempienti Calabria, Molise e Pa di Bolzano con un punteggio insufficiente in una sola area; Abruzzo, Sicilia e Valle d’Aosta con un punteggio insufficiente in due aree. Rimane netta la ‘frattura strutturale’ tra Nord e Sud: su 13 Regioni promosse, solo 3 si trovano nel Mezzogiorno e si collocano comunque da metà classifica in giù”.

La politica sta mostrando un rinnovato interesse per la sanità pubblica. Ma al tempo stesso il dibattito rimane molto acceso sul finanziamento pubblico. Come stanno realmente le cose?

“La propaganda politica oggi segue una narrazione distorta: vero è che dal 2022 al 2025 il Fondo Sanitario Nazionale (Fsn) è cresciuto in termini nominali di oltre 10 miliardi di euro, passando da 125,36 miliardi a 136,53 miliardi. Invece, in termini di incidenza sul Pil il Fsn è sceso dal 6,3% del 2022 al 6,1% nel triennio 2023-2025. Che in valore assoluto, equivale a un taglio complessivo di 13,2 miliardi: 4,7 miliardi nel 2023, 3,4 miliardi nel 2024, 5,1 miliardi nel 2025”.

Quali le azioni da intraprendere per continuare a garantire la sostenibilità di un sistema sanitario pubblico e universalistico in Italia?

“Serve un rifinanziamento progressivo e costante per recuperare l’enorme gap accumulato in 15 anni. Nel 2010 l’Italia aveva una spesa pubblica pro capite pari a quella della media dei paesi europei; nel 2023 il gap è di circa 700 euro a testa, ovvero circa 40 miliardi. Poi servono coraggiose riforme di sistema, in grado di permettere anche il recupero di risorse da sprechi e inefficienze. Infine, bisogna sfruttare pienamente tutte le opportunità offerte dalla trasformazione digitale, su cui siamo clamorosamente indietro. Ma prima di tutto serve una visione e la politica, nel senso più ampio del termine, dovrebbe rispondere ad una semplice domanda: quale Ssn vuole lasciare in eredità alle generazioni future?”.