di
Paolo Salom

In genere, le accuse che possono portare alla rovina un alto esponente del regime sono due: corruzione o comportamento indegno (per esempio una relazione extraconiugale)

La formula non lascia presagire nulla di buono. Liu Jianchao, 61 anni, direttore del Dipartimento internazionale del Partito comunista cinese, da tempo in lizza per assumere la carica di ministro degli Esteri, è stato «fermato» dalle autorità e sottoposto a interrogatorio. Lo annuncia il Wall Street Journal, «informato da persone vicine» alla questione. In soldoni: la polizia politica del Pcc, forse l’organismo più potente (e temuto) nella Repubblica Popolare, si è presentata alla porta di casa di Liu e, con la procedura in uso in questi casi – nessuna spiegazione -, ha portato l’importante dirigente in un luogo segreto.

Di che cosa deve rispondere Liu Jianchao? In genere, le accuse che possono portare alla rovina un alto esponente del regime sono due: corruzione o comportamento indegno (per esempio una relazione extraconiugale). Ora, al di là delle accuse formali – nel 2023 l’allora ministro degli Esteri Qin Gang, nominato soltanto 7 mesi prima, scomparve improvvisamente e fu rimosso perché aveva un’amante: una giornalista televisiva connazionale – arrivare alla comprensione di terremoti di tale genere al vertice del regime è tutt’altro che agevole. In Cina la destituzione di un uomo di Stato, soprattutto se vicino al presidente Xi Jinping, è coperta da una cortina di segretezza assoluta. Provare a rimuoverla equivale a fare la stessa fine.



















































Il fermo di Liu Jianchao risponde agli stessi principi. Per capirne di più possiamo soltanto provare a scorrere la sua carriera. Come racconta il Wsj, il diplomatico è scomparso dalle scene lo scorso luglio, al ritorno da un viaggio negli Stati Uniti. Primo indizio: le relazioni tra Pechino e Washington sono al minimo storico da decenni. Liu ha forse incontrato qualche esponente politico americano considerato «off limits» dal regime? Ha forse detto, o ascoltato, qualche parola di troppo?

Nato vicino a Changchun, nel Nord-est della Cina, Liu ha percorso rapidamente la scala gerarchica occupandosi prevalentemente di politica estera. Ma non solo. Un ottimo inglese come tratto specifico, considerato un fedelissimo di Xi Jinping, a un certo punto del suo percorso diplomatico, Liu Jianchao è stato distaccato all’ufficio corruzione: già, proprio quell’organismo che, su ordine personale del Nuovo Timoniere, negli ultimi dieci anni è andato alla caccia di tutti i dirigenti arricchiti grazie al loro ruolo. Nelle maglie della rete gettata a strascico sono finiti in molti. Spesso, la scelta su chi colpire non era estranea alla posizione politica del reprobo: un alleato di Xi o un potenziale avversario (nemico)?

Nella Cina di oggi, la fedeltà all’imperatore è in assoluto il minimo comune denominatore di un politico, non importa di che rango. Quella di Liu, visti gli incarichi ricoperti, doveva essere scontata. E tuttavia anche per lui si è aperto il baratro di un’inchiesta ufficiale, una macchia che da sola garantisce la fine di ogni ambizione (fino a che Xi resta al comando). Perché tutto questo? Al di là di una possibile amante (se c’era, la relazione è stata vissuta con la necessaria discrezione), Liu era considerato, negli Stati Uniti, un uomo del dialogo, un personaggio in ascesa che avrebbe potuto avvicinare Cina e America.

A lui piaceva giocare a golf, viaggiava all’estero di frequente (normale per un diplomatico, per di più garantito dalla sua appartenenza a un organismo del Partito, dunque di rango superiore a un funzionario ministeriale), incontrava esponenti del mondo politico e industriale dell’Occidente, con i quali manteneva proficui contatti. Al punto che a Washington era considerato il «ministro degli Esteri in pectore». E qui potrebbe essere la chiave per comprendere la sua improvvisa disgrazia: a Pechino qualcuno ha forse giudicato il suo attivismo “in chiave personalistica”, quando tutto deve calare dall’alto.

Non solo: in tempi di crescente contrapposizione strategica tra le due maggiori potenze mondiali, Liu Jianchao potrebbe aver ceduto il fianco all’accusa più pericolosa: amico del nemico. E tanto è bastato a mandare la polizia politica alla sua porta.

10 agosto 2025 ( modifica il 10 agosto 2025 | 13:25)