Il montepremi del torneo di Cincinnati è di oltre 9 milioni di dollari e le presenze sugli spalti sono in aumento: lo stadio è stato riammodernato, uscire al primo turno vale oltre 35mila bigliettoni, vincerlo vuol dire portarsi a casa più di un milione. Più o meno la stesso è successo a Toronto, ovvero il Masters 1000 che ha preceduto questo, con la postilla che i due appuntamenti pre UsOpen si sono accordati per finire lo swing in tre settimane, programmando la finale canadese a metà settimana. Tutto bene, insomma? Per niente, almeno sentendo quelli che poi vanno in campo: 12 giorni (e 96 protagonisti in tabellone) sono troppi.

Il circuito del tennis, insomma, è diventato ultimamente la fiera del lamento. Monte Carlo, uno dei tornei top rimasti lunghi una settimana, è diventato il termine di paragone della nostalgia, ed anche Jannik Sinner dopo aver battuto Galan (adesso gli tocca il canadese Diallo, un super battitore di 203 centimetri mai incontrato) ne ha parlato. Ma se tutti fossero come lui la battaglia contro gli organizzatori di questi giganti combined (in cui sono in campo sia gli uomini che le donne), sarebbe portata avanti più sottovoce: “Tutto per noi diventa molto lungo, ma i fan possono godersi quasi due settimane di grandissimo tennis. Alla fine è giusto così: basta sapersi organizzare, anche mentalmente”. E d’altronde ha saltato Toronto insieme ad Alcaraz e Djokovic: “Ogni tanto si può anche scegliere di non giocare. E dopo Wimbledon ho imparato quanto sia importante staccare la spina”.

Ovvio: se lo può permettere. E la verità sta un po’ nel mezzo: 8 su 9 Masters 1000 sono obbligatori, per il resto si devono disputare almeno altri 7 tornei dagli Atp 500 in giù. A questo si aggiungono Slam e Atp Finals a fare ranking e denaro, eppure c’è sempre fila per esibizioni e piccoli tornei: la classifica fa reddito e il tennis resta ancora un Eldorado per troppo pochi. “Capisco il business – dice il numero 3 del mondo Zverev -, ma non c’è un giocatore a cui piacciono i Masters 1000 così lunghi e non credo piacciano nemmeno ai tifosi”.

Crede male, visti i numeri, ma di certo organizzatori e sponsor (però l’Atp ha cominciato da un po’ un programma di sostegno economico per chi non è tra i Top della classifica) dovrebbero trovare la quadra con i giocatori, che chiedono una giusta pausa anti infortuni senza smenarci troppo. Anche se poi a New York, dov’è in palio il montepremi record di 90 milioni di dollari (di cui 5 al vincitore), nessuno avrà niente da ridire.