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Lo stop ai contratti dei medici “gettonisti” rappresenta una decisione opportuna e anzi necessaria, capace di archiviare un modello – definito dal Ministro Schillaci molto felicemente “esternalizzazione selvaggia” – che si è rivelato speculativo, insostenibile e pernicioso per la programmazione del Servizio sanitario nazionale.
Il valore del Terzo settore
Ma attenzione: usare il termine “cooperative” come sinonimo di intermediazione rischia di arrecare un torto grave e ingiusto a quel Terzo Settore che, invece, nel quadro di una titolarità riconosciuta dalla Carta Costituzionale, lavora da sempre in funzione sussidiaria e con modalità trasparente e continuativa per garantire servizi competenti di cura e assistenza ai più fragili fuori dagli ospedali e nei territori periferici.
I numeri
I dati sono inequivocabili: nel settore della sanità privata, il 32,2% delle imprese è cooperativo; oltre 327mila operatori e professionisti – quasi il 60% del lavoro privato sanitario – operano in queste realtà. Le cooperative sono leader nell’assistenza domiciliare e semiresidenziale (87,5% delle imprese attive), forti nella residenzialità per tutte le fragilità (53,6%) e presidiano le aree interne, dove in 382 Comuni rappresentano l’unica presenza imprenditoriale sanitaria.
Partner strategici
Intendiamo allora sottolineare che il privato sociale non è manodopera “a gettone”, ma un partner strategico del Ssn, capace di alleggerire i Pronto soccorso, garantire assistenza a domicilio agli anziani soli e migliorare le condizioni di lavoro dei medici ospedalieri.
Confidiamo che il ministro, scienziato e figura istituzionale di gran vaglia, a maggior ragione in un frangente della storia in cui il Servizio sanitario nazionale esige risposte definitive e alleanze solide, sappia riconoscere che il ruolo delle cooperative rientra a pieno titolo nella visione strategica del futuro della salute in Italia.