La Federazione regionale degli Ordini dei Medici del Veneto ha incontrato l’assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin, per discutere la recente delibera che consente l’inserimento nel Servizio sanitario regionale di medici stranieri con titolo di studio conseguito all’estero e non ancora riconosciuto formalmente in Italia.
La misura si colloca nel solco della norma emergenziale introdotta durante la pandemia da Covid-19 con il decreto Cura Italia, prorogata fino al 31 dicembre 2027 dalla legge del 2024. In quel contesto, l’obiettivo era garantire la tenuta del sistema sanitario in una fase critica, consentendo alle Regioni di impiegare temporaneamente professionisti formati all’estero, anche in assenza del riconoscimento ufficiale del titolo.
Oggi, però, la stessa deroga viene proposta come risposta alla cronica carenza di personale nei servizi di emergenza-urgenza e nei pronto soccorso. Una prospettiva che suscita forti perplessità tra gli Ordini. «In situazioni di emergenza questa possibilità poteva avere una logica – osserva il professor Alfredo Guglielmi, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Verona – ma utilizzarla come strumento ordinario rischia di compromettere la qualità dell’assistenza. Nei pronto soccorso servono medici qualificati e abilitati, italiani o stranieri, in grado di lavorare con professionalità e serenità. È nostro dovere tutelare la dignità della professione e la sicurezza dei pazienti».
Guglielmi sottolinea come i medici stranieri rappresentino una risorsa importante per il Sistema sanitario nazionale, spesso impegnati in contesti difficili e reparti sotto organico. Tuttavia, ricorda, l’accesso alla professione in Italia richiede per legge il riconoscimento ministeriale del percorso formativo, passaggio indispensabile per l’iscrizione all’Ordine provinciale e per il rilascio di certificazioni e prescrizioni valide. «La valutazione da parte del Ministero della Salute non è una formalità burocratica – spiega – ma una garanzia per la collettività e per la stessa professione. Creare scorciatoie rischia anche di penalizzare quei colleghi che rispettano l’iter previsto, comprensivo dell’esame di lingua italiana e della verifica delle competenze».
Durante il confronto con la Regione, la Federazione ha ribadito la necessità di affrontare la carenza di personale con soluzioni strutturali: incentivi all’assunzione di professionisti pienamente qualificati, miglioramento delle condizioni di lavoro e valorizzazione del merito e della formazione. «Il problema – conclude Guglielmi – non si risolve abbassando gli standard, ma investendo su qualità, equità e regole condivise».