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Il 4 agosto si è riunito il Consiglio dei ministri che all’ordine del giorno aveva, tra l’altro, l’approvazione di un disegno di legge sul cosiddetto scudo penale per i medici, ovvero il restringimento della responsabilità penale per i medici a fatti molto gravi. È una misura di cui si discute da anni, soprattutto dopo la pandemia di Covid, e che le associazioni di categoria chiedono con insistenza: dal loro punto di vista sarebbe utile per limitare il ricorso eccessivo e talvolta strumentale a denunce e cause penali per presunti casi di “malasanità”, che oltre il 90 per cento delle volte si risolvono in niente.

Il governo però ha deciso di rinviare ogni decisione, forse a settembre o forse chissà. È stata la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni a volerlo, al termine di un’accesa discussione che, al di là delle questioni di merito, è stata notevole soprattutto per un aspetto politico, notato non a caso da vari ministri: è stata la prima occasione in cui Meloni ha avuto, in una situazione non riservata, un confronto duro con Francesco Lollobrigida, responsabile dell’Agricoltura ed ex compagno della sorella di Meloni, Arianna.

Lollobrigida è intervenuto a difendere la bozza di disegno di legge predisposta dal ministro della Salute Orazio Schillaci: prevedeva di escludere dai casi penalmente perseguibili tutti quelli che non riguardavano una fattispecie di colpa grave o nei quali i medici avessero seguito i protocolli sanitari ordinari e le linee guida previste. Altri ministri, però, hanno obiettato che questo intervento potesse essere percepito dai cittadini come la concessione di una sorta di immunità a una categoria considerata comunque privilegiata, e che dunque potesse essere elettoralmente poco conveniente approvarlo: è stata la tesi sostenuta, in particolare, da Luca Ciriani e da Elvira Calderone.

Il ministro della Salute Orazio Schillaci alla Camera dei deputati, il 6 agosto 2025 (Roberto Monaldo/LaPresse)

Lollobrigida ha difeso la bozza in parte per vicinanza a Schillaci, e un po’ forse anche per la sua esperienza famigliare, essendo lui figlio di un medico condotto, di quelli cioè che erano stipendiati dal comune per assistere i cittadini. Lollobrigida ne ha fatto anzitutto una questione di merito, dicendo che il ricorso strumentale a querele contro i medici ha generato il problema della medicina difensiva, per il quale i medici adottano precauzioni non necessarie e seguono procedure più lunghe e complesse del normale con l’obiettivo principale di proteggersi da eventuali futuri contenziosi. È per questo che per esempio si prescrivono analisi anche quando non sono indispensabili, e talvolta i chirurghi si rifiutano di operare in condizioni non agevoli: tutto ciò, ha segnalato Lollobrigida, ha dei «costi impressionanti» sul sistema sanitario, e genera lungaggini che rendono ancor più grave il già consistentissimo problema delle liste d’attesa.

Ma al dunque, Meloni ha ritenuto comunque che fosse opportuno temporeggiare, considerando troppo alto il rischio di una ricaduta sul piano dei consensi. Ed è qui che Lollobrigida ha fatto una seconda obiezione, più politica, sostenendo che le persone che verrebbero avvantaggiate degli effetti dello scudo penale sono in larga parte proprio elettori del centrodestra: non solo, infatti, i professionisti che lavorano negli ospedali, ma anche i pazienti a cui andrebbe spiegato che il superamento di questa anomalia giudiziaria renderebbe più veloce ed efficiente il sistema sanitario nazionale.

A questo punto i toni si sono alzati, e nemmeno questo argomento di Lollobrigida ha avuto grande accoglienza. Quest’ultimo punto è però interessante perché evidenzia un aspetto ricorrente nell’azione del governo: proprio sulle questioni sanitarie i partiti di destra, e in particolare Fratelli d’Italia, faticano ad abbandonare l’approccio populista e complottista che avevano quando stavano all’opposizione. Se su altri aspetti, soprattutto in materia di economia e di politica estera, le posizioni identitarie e più incendiarie sono state accantonate a favore di approcci più tradizionali, sulla sanità rimangono alcune rigidità ideologiche che generano spesso tensioni all’interno della maggioranza. Lo stesso ministro Schillaci, che non è membro di nessun partito ed è uno dei “tecnici” del governo (è medico ed è stato rettore dell’università Tor Vergata), è sembrato in più di un’occasione costretto a subire gli orientamenti del partito che lo ha voluto al governo, Fratelli d’Italia.

Il tema più controverso da questo punto di vista sono i vaccini. Il reintegro anticipato in servizio degli operatori sanitari non vaccinati contro il coronavirus, e la sospensione prima e la cancellazione poi delle multe alle persone che avevano rifiutato di vaccinarsi, sono state decisioni accolte con freddezza e con qualche polemica da parte di importanti dirigenti di Forza Italia, come la senatrice Licia Ronzulli. Le stesse dichiarazioni del sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, molto vicino a Meloni, che preferiva non schierarsi a favore o contro i vaccini, sono state motivo di imbarazzo per alcuni esponenti della maggioranza.

L’ultimo caso di questo genere è di pochi giorni fa, quando il governo ha nominato due medici che avevano avuto posizioni scettiche sui vaccini in un organismo di esperti che deve dare pareri proprio sui vaccini e sulle politiche vaccinali.

Anche la scelta di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid è stata contestata da Forza Italia, specie per i modi e i toni con cui Fratelli d’Italia l’ha gestita, dando spesso l’impressione di voler orientare i lavori verso tesi piuttosto inclini alla propaganda “no vax”, e mettendo in difficoltà lo stesso Schillaci. Particolarmente critico nei confronti del ministro della Salute è, tra gli altri, Francesco Cognetti, un oncologo che fa parte della Consulta nazionale di Forza Italia, l’organismo di esperti e consulenti presieduto da Letizia Moratti. Nelle riunioni e nelle chat con parlamentari e dirigenti Cognetti si lascia spesso andare a considerazioni molto aspre verso Schillaci, e a volte ha esternato anche pubblicamente queste sue convinzioni, per esempio descrivendo come inefficaci le decisioni prese dal governo sul tema delle liste d’attesa.

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Schillaci, d’altro canto, è stato costretto ad accettare che alcune sue richieste venissero ridimensionate o eluse: un po’ per scarsità di soldi, un po’ per mancanza di volontà politica da parte della presidente del Consiglio. E il risultato è che quella dei medici è una delle categorie professionali più critiche nei confronti del governo. La novità, segnalata dalla discussione avvenuta il 4 agosto in Consiglio dei ministri, è che sulle questioni sanitarie questa tensione inizia ad agitare anche Fratelli d’Italia.