Kursk, diretto da Tomas Vinterberg, racconta la tragedia reale del sottomarino russo affondato nel 2000 durante un’esercitazione navale nel Mare di Barents. Il film segue in parallelo la lotta dei sopravvissuti, i tentativi delle famiglie di ottenere informazioni e le manovre delle autorità russe, reticenti ad accettare aiuti internazionali.
Nel finale, l’attesa si fa disperata. Mentre all’esterno la Marina britannica e quella norvegese si dichiarano pronte a intervenire, Mosca ritarda l’autorizzazione, temendo di rivelare segreti militari. All’interno del sottomarino, la situazione peggiora: l’ossigeno scarseggia, la temperatura cala e l’acqua inizia a penetrare. L’ufficiale Mikhail Averin cerca di mantenere alto il morale dei compagni e rassicura il giovane aspirante marittimo che sta per diventare padre.
Quando finalmente viene dato il via ai soccorsi internazionali, è troppo tardi. I sub norvegesi riescono ad aprire un portello, ma trovano solo corpi senza vita: tutti i superstiti sono morti per asfissia. In una scena molto intensa, vediamo Mikhail lasciare una lettera alla moglie e al figlio, messaggio che sarà ritrovato in seguito e consegnato alla famiglia.
Il film si chiude con un forte senso di amarezza: la tragedia del Kursk non è solo una storia di vite spezzate, ma anche di orgoglio politico e lentezza burocratica che hanno impedito un salvataggio possibile. Un epilogo che lascia lo spettatore con rabbia, dolore e con tanti spunti di riflessione sulla responsabilità umana nelle catastrofi.