di
Mario Sensini

L’economista: «Sui redditi pesa ancora l’alta inflazione di 3-5 anni fa»

«I conti pubblici vanno bene, ma l’economia reale è anemica». L’Italia attraversa un’estate difficile, spiega l’economista Carlo Cottarelli, colpa soprattutto dell’inflazione degli anni scorsi, che ha ridotto il reddito disponibile delle famiglie. «Questo spiega perché i consumi oggi stiano crescendo poco, e forse anche perché molte spiagge sono vuote».

La crescita dell’economia rallenta. Nel primo semestre si aspettavano dati migliori.
«Non siamo in crisi come eravamo negli anni 2011 e 2012, ma se subito dopo il Covid, per un paio d’anni, tra la metà del 2020 e la metà del 2022, l’Italia cresceva più degli altri Paesi della zona euro, ora abbiamo un po’ rallentato. Nei primi due trimestri di quest’anno siamo cresciuti molto meno: 0,2 punti contro 0,6-0,7 nell’area dell’euro».



















































Non siamo lontanissimi.
«È vero, ma non per nostri meriti, quanto perché le altre grandi economie europee, a cominciare dalla Germania, hanno rallentato».

«Economia reale anemica e i consumi crescono poco. Ma i conti pubblici in ordine danno credibilità all’Italia»

L’anemia dell’economia italiana da che cosa dipende?
«Anche dalla distribuzione del reddito che, va detto, non è colpa di questo governo. Stiamo vivendo le conseguenze della fiammata dell’inflazione del 2020-2022 che ha eroso i salari reali di circa 12 punti percentuali. Dall’inizio del 2023 effettivamente le retribuzioni crescono più dei prezzi, ma stiamo recuperando molto lentamente, un paio di punti l’anno. Ad oggi i salari reali sono inferiori di 7 punti a quelli del 2021».

In compenso i conti pubblici stanno andando bene.
«È un dato di fatto ed è positivo. Il governo ha fatto nel 2024 una cosa che non era mai stata fatta prima, scegliendo di non spendere 20 miliardi che pure erano disponibili in bilancio. Il deficit è risultato più basso di un punto di quello concordato con la Ue, e lo stesso piano di rientro dei conti italiani deciso dal governo è più rigido di quello suggerito inizialmente della Commissione».

È così che si spiega la riduzione dello spread?
«Sui mercati c’è la chiara percezione che il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ed il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, siano ben consapevoli che avere i conti pubblici in ordine è qualcosa che ci attribuisce maggior credibilità a livello internazionale. Francia e Germania hanno avuto qualche difficoltà e lo spread si è ridotto».

Le entrate fiscali continuano ad andare meglio del previsto. Ci sarà lo spazio per la riduzione delle tasse con la prossima legge di Bilancio?
«Ce ne sarebbe bisogno, ma non sarà un’operazione semplice. Le entrate fiscali vanno bene anche quest’anno, ma in base alle nuove regole europee sui conti pubblici il maggior gettito non potrà essere speso per finanziare nuove spese. A meno di non dimostrare che i maggiori incassi siano frutto di una precisa scelta politica. Si potrebbe tentare, perché a mio avviso la crescita del gettito di questi anni è strutturale, e sarebbe una cosa sacrosanta utilizzarlo per ridurre la pressione fiscale, che l’anno scorso ha toccato livelli record, il 42,6%».

Ci saranno conseguenze per la crescita dei dazi americani alle importazioni?
«Meglio se non ci fossero, ma non sono catastrofista. L’export italiano negli Usa vale l’11% del totale. Questa quota si ridurrà, ma nell’immediato credo che gli importatori americani continueranno a comprare i prodotti europei, magari a prezzi un po’ più alti, ma continueranno».

L’accordo tra Ue e Usa sui dazi contempla anche acquisti di energia e di armi americane.
«Vuol dire che l’energia ci costerà un po’ più cara, visto che oggi troviamo conveniente acquistarla in paesi diversi dagli Usa. Quanto alle armi mi preoccupa di più il fatto che non ci sia coordinamento tra le imprese europee: Leonardo e Rheinmetall lavorano insieme per il nuovo carro armato, ma i francesi non ci sono…».

L’Italia può spendere il 5% del Pil per la difesa?
«Io credo che alla fine il governo chiederà di attivare la norma europea per scorporare dal deficit queste spese. Potrebbe fare come nel 2024, risparmiare e ridurre il deficit sotto il 3% già quest’anno. E poi chiedere l’attivazione della clausola di salvaguardia».


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11 agosto 2025 ( modifica il 11 agosto 2025 | 21:21)