Il nuovo docufilm “Stolen – Il furto del secolo” è appena uscito su Netflix, e riporta sotto i riflettori uno dei crimini più clamorosi del nostro tempo: il colpo da oltre 100 milioni di dollari nel baricentro del commercio mondiale di diamanti. Ma se la storia del furto è già leggenda, ciò che incuriosisce adesso è il destino del suo protagonista. Che fine ha fatto Leonardo Notarbartolo, il “Lupin” palermitano che ha sfidato (e per una notte battuto) i sistemi di sicurezza più avanzati d’Europa? Sa ancora, come vogliono alcune “leggende”, dove sono nascosti i diamanti? Scopriamo chi è oggi, davvero, Leonardo Notarbartolo.
Quando il Lupin palermitano fece il colpo del secolo: 150 milioni di dollari in diamanti, oro e gioielliChe fine ha fatto Leonardo Notarbartolo
Palermitano di nascita, Notarbartolo comincia da giovanissimo a farsi le ossa con piccoli furti e scassi. Ma è negli anni ’80 e ’90 che costruisce un vero e proprio “curriculum criminale”, mettendo in piedi un team di ladri specializzati operanti tra Torino e il Belgio: la cosiddetta “Scuola di Torino”. Il gruppo è composto da esperti in serrature, allarmi, fori nei muri e acrobazie da manuale. Nel 2003 arriva il loro colpo più ambizioso: il furto al Diamond Center di Anversa, un’impresa degna di un heist movie. Notarbartolo si finge gioielliere, affitta un ufficio nel centro e diventa una presenza abituale del luogo, dunque insospettabile. Intanto lui e i suoi complici studiano ogni dettaglio, filmano, replicano la cassaforte, neutralizzano sensori e usano chiavi duplicate. In una notte sola svuotano oltre 120 cassette di sicurezza, sparendo con un bottino da più di 100 milioni di dollari; ma un errore banale (la spazzatura gettata in un bosco) li tradisce. Da lì scatta la caccia e Notarbartolo viene arrestato pochi giorni dopo e condannato nel 2005 a 10 anni di carcere per essere la mente dell’operazione. Tre suoi complici ricevono condanne minori. Il “Re delle Chiavi” non verrà mai identificato. La maggior parte del bottino svanisce invece nel nulla.
Dopo aver scontato quattro anni di reclusione, Leonardo Notarbartolo ottiene la libertà condizionata nel 2009. Ma la libertà ha un prezzo: tra le condizioni imposte c’era il risarcimento alle vittime del furto, cosa che poi non avviene. Nel 2011 viene emesso un mandato di cattura europeo e due anni dopo, nel 2013, viene intercettato e arrestato a Parigi. Torna dunque dietro le sbarre, dove resta fino al 2017 completando finalmente la sua pena.
Da allora, il grande maestro del furto sembra essersi ritirato e oggi vive a Giaveno, un piccolo comune in provincia di Torino. È un uomo ultrasettantenne, più riservato che mai che – secondo fonti locali -gestiva una modesta attività legata al settore dei gioielli, forse una fabbrica, forse solo un laboratorio.
Nessun clamore, nessuna apparizione pubblica. Del resto, lo aveva detto lui stesso in un’intervista del 2016: “Ho sempre fatto il ladro”, diceva “e non ho mai smesso, tranne quando mi hanno fermato. Il mio sogno? Un pacchetto di sigarette pieno di diamanti. Se ce l’avessi, sparirei per sempre”. In una recente intervista a Wired ha invece dichiarato che dopo la prigione ha venduto, per diversi anni, Pellet. Ma nel 2023 ha venduto l’attività, anche a causa dei prezzi quasi triplicati. Oggi l’uomo è in pensione, scrive romanzi e si dedica alla famiglia, moglie e i figli.
Oggi il suo nome vive a metà strada tra cronaca e mito: non si conosce il destino della gran parte dei diamanti rubati nel 2003, mai recuperati, mai ricomparsi. Leonordo Notarbartolo resta un simbolo di quel crimine spettacolare e senza sangue che intriga più che spaventare; e ora che Netflix gli ha dedicato un docufilm, l’uomo che sfidò le banche dei diamanti torna a far parlare di sé.