Lo chef

A vederlo dietro il banco di MasterChef, con lo sguardo di chi sembra valutare ogni gesto come un chirurgo dell’alta cucina, si potrebbe pensare che Jordi Cruz sia un giudice inflessibile, dal temperamento spigoloso e la pazienza corta. Ma la verità – e stavolta è lui stesso a confessarla – è ben diversa: “La gente pensa che io abbia un brutto carattere, ma per me è difficile arrabbiarmi e non ho mai urlato in cucina”, racconta a La Vanguardia in questa intervista. E già questa frase basta a capovolgere l’immagine televisiva dello chef catalano, oggi 47enne, che di temperamento pare avere più il ritmo lento di una salsa che sobbolle piano, piuttosto che il fuoco di un flambé.

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La sua vita, in questo momento, ha il profumo di casa più che di ristoranti: da poco, lui e la moglie Rebecca Lima sono diventati genitori per la seconda volta. Dopo Noah, nato nel 2023, è arrivato Nico. “Grazie ai nostri amici per essersi sempre presi cura di noi”, ha scritto annunciando la nascita. Dietro la gioia, però, c’è anche una nuova consapevolezza: “Da quando è nato il mio primo figlio ho paura di morire. Voglio proteggerlo, non voglio che gli manchi nulla. Prima nessuno aveva bisogno di me, ma ora sì”. E forse questa nuova dimensione familiare è ciò che sta portando Cruz a rivedere il proprio rapporto con il lavoro. Lui, che non si prende una vera pausa da trent’anni, lo ammette senza esitazioni: “Ho imparato a prendere le cose con un po’ più di calma, anche se non mi riposo da 30 anni. Le stelle sono il risultato del duro lavoro”.

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Le sue stelle Michelin oggi sono cinque: tre all’ABaC, una all’Atempo e una all’Angle. La prima l’aveva conquistata a soli 24 anni, quando già da sei guidava cucine da executive chef. Ma la rincorsa continua all’eccellenza – racconta – ha un prezzo: “È stato un anno molto duro, soprattutto fisicamente”. Nonostante il ritmo serrato, la sua voce in televisione resta tra le più riconoscibili del panorama gastronomico spagnolo. È consapevole che un giorno MasterChef finirà e che la sua immagine pubblica ne uscirà trasformata: “So che il giorno in cui non sarò più sullo schermo, sarà finita. Non ci sarà più niente, e dovrò continuare a essere me stesso”.

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Una frase che non suona come rassegnazione, ma come il proposito di continuare a cucinare e gestire i suoi locali per pura passione. Quella stessa passione che ha legato il suo percorso a figure come Arnau París, vincitore di una delle edizioni del programma e oggi a sua volta volto noto della cucina televisiva. Con lui, nell’ultima puntata di Cuines su TV3, Cruz si è lasciato andare a una chiacchierata più intima del solito. Arnau lo descrive così: “È un bravissimo ragazzo e mi ha fermato di colpo”.

jordi cruz Europa PressEuropa Press

Cruz, dal canto suo, non ha risparmiato parole affettuose: “Ti ho visto nascere… Ora ti vedo cucinare e crescere, e questo mi emoziona molto. Sono orgoglioso di te, e non lo dico perché ci sono le telecamere. Hai imparato in fretta, ti sei adattato e stai andando molto bene”. Colpisce che, in un mondo dove le cucine d’autore sono spesso raccontate come arene di tensione e gerarchie ferree, Cruz rivendichi con fermezza di non aver mai ceduto alle urla o agli scatti d’ira. Per lui, la guida è questione di disciplina silenziosa e di esempio: “Sono una persona molto calma”, dice, quasi a voler ricordare che un piatto perfetto può nascere anche in un ambiente dove il rumore più forte è quello di una padella che sfrigola. E così, tra pentole stellate e biberon, tra il set televisivo e le serate a casa con la famiglia, Jordi Cruz sembra oggi più incline a calibrare il tempo, rallentare dove possibile e mettere ordine tra le priorità.

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L’immagine del giudice inflessibile lascia spazio a quella di un professionista che sa dosare rigore e umanità, senza sacrificare né la cucina né la vita. Perché, alla fine, la vera ricetta segreta di un grande chef non sta solo nella tecnica o negli ingredienti, ma anche nella capacità di restare se stesso, dentro e fuori dalla brigata.