Il ritorno di Sharon Stone. «Ormai faccio la modella, guadagno di più indossando gli abiti che girando i film», aveva recentemente confessato a Vanity Fair la diva di Basic Instinct tra un red carpet e uno shooting in giro per il mondo, dove il suo mito non ha mai smesso di brillare da quel lontano 1992 in cui la signora accavallò le gambe nel thriller erotico di Paul Verhoeven. Ed entrò nella storia come sex symbol, grazie alla sua sfolgorante bellezza, ma soprattutto come femmina alfa, padrona della propria vita che avrebbe faticosamente ricostruito da zero dopo l’ictus che la colpì nel 2001.
LA SFIDA Ora il cinema è tornato a reclamarla e giovedì 14 Sharon irromperà sugli schermi in Io sono nessuno 2, l’action-movie di Timo Tjahanti in cui sfida il giustiziere Bob Odenkirk. L’attrice presta il suo fascino di splendida 67enne a Lendina, «letale come un serpente», mente criminale che gestisce una colossale rete di contrabbando tenendo in braccio un bulldog francese. «Ho insistito», ha raccontato al Guardian, «per trasformare il mio personaggio in un’eroina femminista». Che significa? «Non intendo interpretare delle cattive a meno che non riflettano lo spirito del tempo. Volevo che questa donna terribile sembrasse uscita dai social, il fenomeno più spaventoso del momento», ha spiegato non dimenticando di avere su Instagram oltre quattro milioni di follower con cui condivide successi e dolori, compresa la recente morte della mamma Dot a cui l’ha legata un amore conflittuale. IL MITO A partire dalla mitica Catherine Tramell, la scrittrice bisex e assassina di Basic Instinct, il cinema ha spesso offerto all’attrice ruoli di cattiva: «Le persone belle e intelligenti difficilmente vengono percepite come intelligenti, profonde, complete», ha spiegato, «una donna bella è considerata inaccessibile e l’inaccessibilità equivale alla malvagità… Nella nostra società, una femmina non può essere seducente, acuta, divertente, una mamma, una capofamiglia. Altrimenti sarebbe uguale a un uomo». IL QUOZIENTE Sharon si riconosce «estremamente intelligente» grazie al suo QI di 154, degno di un premio Nobel. E pensare che per anni si è sentita intrappolata nel ruolo di Basic Instinct di cui, è certa, «non si farà il reboot» annunciato: «Quando ho avuto la candidatura ai Golden Globe e hanno chiamato il mio nome, in sala la gente rideva», ha raccontato, «salvo poi pensare che fosse una bella interpretazione anche se tutti mi avevano vista sotto la gonna». Definita donna dell’anno nel 2019 in Germania, l’attrice ha rievocato quella scena parlando di empowerment femminile: «Ma un tempo io ero solo uno scherzo». Lei conduce il gioco sul set come nella vita: con Michael Douglas, suo partner nel cult di Verhoeven, il rapporto è stato turbolento, così come con il regista John Frankenheimer che in L’anno del terrore voleva imporle delle scene di sesso. Per non parlare del tempestoso divorzio dal giornalista Phil Bronstein che per anni le ha conteso l’affidamento del figlio Roan, primo dei tre adottati dalla diva. Al Guardian, Stone ha poi raccontato le violenze subite nell’infanzia dal nonno pedofilo che aveva abusato anche della sorella Dorothy e della mamma, e degli scontri fisici con Harvey Weinstein. I PARTY «Non ero la tipica ragazza che avrebbe potuto portare nuda in una stanza, ma ai party anti-Aids mi scaraventava da una stanza all’altra, mi schiaffeggiava urlandomi contro, spintonandomi, toccandomi il sedere e cercando di strapparmi il microfono». Ma lei lo rimetteva al suo posto. Nel 1995 Sharon ebbe la nomination all’Oscar per Casino di Scorsese e Francis Coppola profetizzò: «Non ti daranno la statuetta, come non l’hanno data a me per Il Padrino o a Martin per Toro scatenato, ma domani nessuno ricorderà chi ha vinto mentre la tua interpretazione rimarrà nella storia». Aveva visto lontano.
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