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Chiuso il cerchio sui 600 milioni di euro spostati dal Pnrr all’Ecobonus, ora serve accelerare sul fronte della rete di ricarica italia per non accumulare ritardi. La decisione del ministero dell’Ambiente è stata quella di deviare verso il sostegno alla domanda di mobilità elettrica, una parte dei fondi non assegnati all’installazione di sistemi di ricarica. Ma il rischio a questo punto è di rallentare il processo di infrastrutturazione. Rispetto ad un parco auto full electric ancora molto limitato – il 5% delle immatricolazione, un terzo rispetto alla media europea – l’Italia ha sulla carta un punto di ricarica ad accesso pubblico ogni cinque modelli di auto elettriche circolanti. Ma se l’obiettivo è sostenere la crescita del market share delle bev – oggi in forte ritardo rispetto alla media europea e ai livelli raggiunti dai principali mercati europei – allora serve implementare ulteriormente l’infrastruttura di ricarica, condizione necessaria per la diffusione dei modelli elettrificati sul mercato.

Le difficoltà registrate nella fase delle gare per assegnare le risorse Pnrr, tra bandi andati deserti e tempi lunghi per assegnare i fondi, dimostrano che la strada è ancora in salita. Il meccanismo delle risorse “a tempo” ha funzionato poco. «Il ministero – mette in evidenza Francesco naso, segretario di Motus E, associazione a sostegno della mobilità elettrica – ha garantito una pianificazione con risorse dedicate, in futuro, senza dunque le tempistiche difficili da rispettare del Pnrr, per completare la copertura nelle aree attualmente poco coperte». È quello che operatori e produttori di sistemi di ricarica chiedono da tempo e rappresenta un cambio di approccio, necessario per introdurre un sistema efficace di sostegno agli investimenti nel settore.

I nodi

La copertura capillare nel Sud dell’Italia e servizi efficienti lungo la rete autostradale italiana rappresentano i principali nodi della rete, con intere tratte autostradali senza ancora alcun servizio di ricarica. L’ultimo report di Motus-E evidenzia il numero di punti di ricarica attivi sulle autostrade, sono 1.159, «con il 45% delle aree di servizio autostradali dotate di infrastrutture». Poco più della metà, dunque, non ha ancora un servizio attivo. In linea generale in Italia sono installati 67.561 punti, numero aumentato, al 30 giugno, di 10.569 unità in 12 mesi e di 1.569 unità nel secondo trimestre dell’anno. Dei 1.159 punti di ricarica in autostrada, 49 sono in fase di attivazione. «Una crescita significativa rispetto ai 963 punti attivi a giugno 2024 e ai 657 di giugno 2023» commenta Motus-E, ma che necessità di un ulteriore salto di qualità. Per garantire una rete capillare di colonnine di ricarica, servono «incentivi per le aree attualmente a fallimento di mercato individuabili tramite la piattaforma unica nazionale (PUN)» suggerisce Motus-E. Un secondo aspetto riguarda la semplificazione e l’armonizzazione delle procedure di permitting – fase che dura in media un anno e mezzo e che rischia di incidere sulla sostenibilità dei business plan – oltre ad azioni coordinate per accelerare le tempistiche di allaccio alla rete elettrica.

I costi energetici

«Oggi una ricarica costa quanto un pieno e questo rappresenta un limite per gli utenti, perché fa lievitare i costi di gestione di un’auto elettrica» spiega Eugenio Sapora, general manager di Electra . Serve rivedere la struttura tariffaria per la ricarica pubblica dei veicoli elettrici, per ridurre l’incidenza degli oneri sui prezzi finali per i consumatori. «I costi di ricarica – aggiunge Sapora – dipendono dai sistemi di alta e bassa potenza. Per noi operatori dei sistemi di ricarica veloce, l’auspicio è che il regolatore, in questo caso Arera e il governo, riescano a deliberare per ridurre il peso sui costi di ricarica della quota potenza in caso di basso utilizzo. Un sistema simile è stato introdotto per i sistemi di ricarica a bassa potenza, Btve, e chiediamo venga fatto anche per l’alta tensione».

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In particolare, aggiunge Motus-E, «è necessario adeguare l’inquadramento fiscale e tariffario della ricarica domestica per superare l’attuale disparità di trattamento tra i lavoratori dipendenti che usano auto aziendali elettriche e quelli che usano endotermiche e tra gli utenti che possono caricare direttamente al contatore di casa e chi invece non può farlo».