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Nei film e nelle serie TV, soprattutto quelli americani, capita molto spesso che due personaggi che stanno parlando al telefono concludano la conversazione riattaccando di colpo, senza salutarsi. È una convenzione cinematografica molto comune, e altrettanto discussa: sui social e in particolare su Reddit molti spettatori dicono di trovarlo strano e che, una volta che hanno cominciato a farci caso, non riescono più a non notarlo ogni volta.

Il motivo non ha niente a che vedere con le diverse abitudini che potrebbero avere le persone negli Stati Uniti: anche lì infatti mettere giù una telefonata senza un saluto o una formula di chiusura viene generalmente considerato scortese.

Una possibile spiegazione l’ha data nel 2022 lo sceneggiatore americano Michael Jamin in un video su TikTok. Jamin cita il concetto di “shoe leather” (letteralmente “suola di scarpa”): è un termine usato per indicare azioni di routine che le persone compiono, come mangiare, andare in bagno, o semplicemente spostarsi da un luogo all’altro, che vengono raramente inserite nelle sceneggiature perché non aggiungono alcun valore di intrattenimento. Al contrario rischiano di annoiare lo spettatore e smorzare la tensione e il ritmo del film o della serie. Jamin spiega che i saluti alla fine delle telefonate sono esattamente degli “shoe leather”, sono cioè azioni realistiche ma che non aggiungono nulla alla storia e per questo vengono tagliate.

Un altro aspetto che menziona Jamin è quello delle regole di minutaggio che bisogna rispettare nella realizzazione di un film o di una serie TV: togliere frasi non necessarie nei dialoghi permette di risparmiare alcuni secondi. Jamin spiega che per tutti questi motivi col tempo gli autori hanno preso l’abitudine di non scrivere nemmeno più i saluti alla fine delle telefonate nelle sceneggiature, sapendo che durante la revisione o nella fase di montaggio verranno comunque tagliati.

In una vecchia intervista al Washington Post anche la sceneggiatrice americana Jennie Ayers aveva confermato che è una questione di tempo, soprattutto nelle sitcom: «Una [puntata di una] sitcom dura circa 22 minuti. Ogni battuta deve essere la base per una gag, essere essa stessa una gag o far avanzare la trama».

Tuttavia, l’effetto è talvolta controproducente perché molte persone dicono di trovarlo talmente irrealistico che finiscono per distrarsi dal film e far fatica a recuperare la sospensione dell’incredulità, cioè quell’accordo implicito per cui lo spettatore accetta di mettere da parte il giudizio critico e credere a ciò che gli viene raccontato.

Sui social circolano molti video ironici che mettono in scena come reagiremmo nella vita reale se, ad esempio, dopo aver accettato un invito per un appuntamento, l’altra persona riattaccasse bruscamente come accade nei film. Nella maggior parte dei casi, la reazione sarebbe quella di richiamare subito per chiedere se la linea sia caduta o per capire il motivo di un gesto così insolito e apparentemente scortese. Qualche anno fa, un lettore del Guardian ha raccontato di aver provato a imitare questa pratica nelle sue telefonate reali, e che le persone dall’altra parte del telefono puntualmente lo richiamavano pensando che la linea fosse caduta.

Il discorso è diverso per i film drammatici, d’azione o nelle situazioni in cui la telefonata avviene tra due persone tra cui c’è un clima di tensione. In quei momenti, la brusca interruzione della telefonata è un elemento funzionale che rispecchia lo stato emotivo dei personaggi: un “ciao” o qualsiasi formula di chiusura smorzerebbe l’intensità emotiva della scena e renderebbe tutto meno credibile dal punto di vista narrativo.

Un esempio molto famoso è quello della scena di Io vi troverò, del 2008, in cui, dopo la minacciosa telefonata di Liam Neeson sarebbe impossibile inserire un “arrivederci” senza rovinare la tensione della scena.

Ovviamente questo discorso non vale per tutti i film e le serie: nel cinema americano è ricorrente ma è molto meno frequente, per esempio, vederlo nei film europei o in produzioni indipendenti, che seguono approcci e stili narrativi meno convenzionali.