Quel match fu il manifesto del sinnerismo moderno e Jannik conquistò la sua prima finale Atp. Cinque anni dopo lo ritrova da n.1 del mondo e miglior italiano di sempre

Lorenzo Topello

12 agosto 2025 (modifica alle 17:30) – MILANO

“La prima di servizio è entrata poco? Per dire che servo bene ci vorranno anni”. Neanche troppi, in realtà, ma nel novembre 2020 Jannik Sinner non può saperlo. Nel borsone con cui va in campo, invece, c’è già una certa dose di spigliatezza davanti ai giornalisti: “Non è importante solo quanti servizi metti, ma anche il quando: nei momenti importanti, in qualche modo, li ho messi tutti”. La sala stampa approva, mentre aggiorna gli almanacchi: quel 13 novembre 2020, a Sofia, Jannik diventa il più giovane azzurro di sempre a raggiungere una finale Atp. Tutto grazie ad un successo contro Adrian Mannarino, colui che ora lo aspetta agli ottavi di Cincinnati.

elmetto e concretezza—  

I numeri contano, ma il killer instinct di più. In Bulgaria, proprio alla fine della stagione, Sinner affina le armi della carriera che verrà: concretizza l’unica palla break avuta a disposizione nel primo set per staccare 6-3 il francese. E poi mette l’elmetto da fondo campo: Mannarino torna poderoso nel secondo parziale, crea tre palle break e se le vede cancellare in serie. A rileggerla cinque anni dopo, la semifinale di Sofia si presenta già manifesto del sinnerismo moderno: oltre a solidità e cinismo si intuisce già un’invidiabile confidenza con la superficie veloce indoor (su cui Sinner ha perso nella finalissima delle Finals 2023 con Djokovic, prima di raccogliere sole vittorie). In Bulgaria quello di Sinner è un crescendo rossiniano: “Sicuramente mi ha aiutato la vittoria contro Fucsovics all’inizio: contro di lui ho già perso in Australia qualche mese fa”.

record—  

Già, la versione bulgara di Jannik mette d’accordo tutti e ricorda un altro suo percorso da applausi; quello alle Next Gen Finals dell’anno prima, quando vince il torneo in finale contro de Minaur. Che, fra l’altro, ritrova a Sofia, battendolo ancora. In semifinale supera Mannarino, di tredici anni più grande: “Per avere la meglio con lui ho dovuto giocare il mio tennis migliore. Sono contento di poter giocare un’altra partita di questo 2020, e poi una finale è sempre speciale”. Soprattutto se sei il più giovane azzurro di sempre a raggiungerla: 19 anni e 89 giorni, meglio di Pistolesi (19 anni e 7 mesi) e Cancellotti (20 anni e 2 mesi). Per inciso, le spunte verdi di Sinner si estendono anche a quella finale: netto successo in due set contro Pospisil, per ottenere il primo titolo Atp in carriera.

pressione—  

Da Sofia a Cincinnati il passo non è breve. Di mezzo c’è una pioggia di titoli (fra cui 4 Slam) e una comodissima poltrona in cima al ranking. Dall’altra parte della rete, però, ecco di nuovo il francese. Mannarino viene a patti coi suoi 37 anni sorseggiando tequila prima delle partite (“Mi aiuta a concentrarmi”) ed evitando ogni volta di leggere il nome del prossimo avversario sul tabellone. Vive di piccoli rituali e di una ritrovata fiducia: a febbraio, dopo un ko inaspettato alle qualificazioni di Acapulco, era uscito dalla top 100 dopo 11 anni consecutivi. Ma ci ha rimesso piede dopo Wimbledon (terzo turno) e la finale Challenger a Newport. Jannik lo conosce, non può dimenticare quella semifinale a Sofia, quando, forse per la prima volta in carriera, mandò un messaggio a tutto il circuito: “La pressione c’è e sono io il primo a mettermela, perchè voglio arrivare. C’è gente che parla, ma non ascolto molto”. Pazienza per la prima di servizio al 51% contro Mannarino: da quel 2020, dalla semifinale di Sofia, le percentuali sinneriane sono diventate… bulgare.