di
Giuseppe Sarcina
La «pausa vaticana» in una relazione che non è mai stata semplice è durata poco
Il rapporto tossico tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky è parte, sempre più cospicua, della crisi ucraina. I due leader, bene o male, si conoscono da sei anni. Ma non si sono mai davvero trovati in sintonia. Il «confessionale» del 26 aprile scorso, nella Basilica di San Pietro dove si celebravano i funerali di papa Francesco, aveva illuso un po’ tutti.
Per la prima volta il presidente americano sembrava pronto ad ascoltare le ragioni dell’ucraino e, soprattutto, ad agire di conseguenza. Ma ora, dopo quasi quattro mesi, quelle due sedie così vicine, quei momenti di intimità politica vengono spazzati via dall’ultima uscita di Trump: «Non mi piace quello che fa Zelensky». Parole che ci riportano al 28 febbraio di quest’anno: nello Studio Ovale Trump e il suo vice J.D. Vance maltrattarono l’ospite accorso da Kiev per chiedere armi, fondi e protezione militare a lungo termine.
Non osiamo avventurarci nei meccanismi psicologici che possono mettersi in moto ogni volta che i due si incontrano di persona o si parlano per telefono. C’è, però, una costante che fin dall’inizio segna la loro relazione: Donald chiede, o meglio, pretende delle cose che Volodymyr non può concedere. La storia inizia nel settembre del 2019.
Trump è quasi al termine del suo primo mandato e vede prendere forma, nel campo avversario, la candidatura di Joe Biden. Insieme con il suo temerario consigliere, l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani, cominciano a premere su Zelensky perché costringa la magistratura ucraina a riprendere le indagini su Hunter Biden, il figlio di Joe, sostenendo che fosse invischiato in una vicenda di corruzione.
Hunter, all’epoca, sedeva nel consiglio di amministrazione di Burisma, importante società del gas in Ucraina. Certamente un’anomalia, visto che non aveva alcuna competenza in materia di energia. Ma a suo carico non c’erano prove che avesse commesso un reato. Zelensky aveva appena vinto le elezioni con un programma di contrasto alla corruzione e di rafforzamento delle istituzioni democratiche. Non aveva proprio margini per accontentare Trump che, per tutta risposta, bloccò per mesi aiuti militari dal valore di 250 milioni di dollari.
Zelensky provò a spiegarglielo nel loro primo bilaterale, a New York, il 26 settembre 2019. L’ex comico si presentò in giacca e cravatta. Senza barba, spigliato. A tratti brillante. Trump lo riempì di complimenti e gli disse: «Spero che lei e Putin possiate trovare la soluzione per i vostri problemi». Sappiamo com’è andata: l’invasione russa del 24 febbraio 2022; la resistenza ucraina e, il 21 gennaio 2025, il ritorno di Trump alla Casa Bianca.
Lo schema di fondo, però, non è cambiato. Il presidente americano «dà le carte», perché ritiene di essere il solo ad averne. Si potrebbe obiettare che tra Stati Uniti ed Ucraina non potrebbe che andare così. Eppure, con Biden presidente era diverso. Il team della Casa Bianca partiva dalle esigenze di Zelensky e poi decideva fin dove seguirlo. Adesso quello che pensa o spera il presidente ucraino non conta (quasi) nulla. Trump vuole decidere solo lui. Non è che gli riesca sempre, ma il principio guida è quello. Oggi il disaccordo è sulla sostanza.
Il presidente Usa è convinto di aver trovato la formula per porre fine alla guerra. Kiev dovrà rinunciare al 20% del suo territorio, oggi nelle mani dei russi. A quel punto Trump è certo di poter spingere anche Vladimir Putin ad accettare. Zelensky non può acconsentire alla mutilazione brutale del Paese. E sicuramente non lo farà se non avrà dagli Stati Uniti le garanzie necessarie per evitare attacchi futuri da parte di Mosca. Non è una questione nuova.
Anche i consiglieri di Biden erano persuasi che alla fine Kiev sarebbe stata costretta a rinunciare a gran parte delle terre occupate. Nello stesso tempo, però, Biden aveva offerto a Zelensky «un percorso irreversibile verso la Nato». Trump ha azzerato tutto; vuole chiudere al più presto e considera un intralcio la tenacia del leader ucraino. Lo pensa e lo dice ad alta voce.
13 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA