“Tutto quello che sembra finzione è la realtà e quello che sembra più vero è finzione”. Nicole Bertani suggerisce questa chiave di lettura per ‘Le bambine’, esordio alla regia suo e della sorella Valentina, che è valso loro la partecipazione in Concorso internazionale al Festival di Locarno (le sole italiane in gara). La storia si svolge nel 1997. Linda (Mia Ferriccelli), che ha 8 anni, lascia la villa svizzera della ricca nonna (Cristina Donadio) con la madre Eva (Clara Tramontano). A Ferrara fa amicizia con Azzurra (Agnese Scazza) e Marta (Petra Scheggia), che diventano sue compagne d’avventura alla ricerca di protezione e libertà. Al loro fianco ci sono genitori egoisti che non hanno ancora trovato la propria strada.
“È un mondo molto simile a quello che abbiamo vissuto da bambine – racconta Valentina – c’era la vicina spiona, la madre che entra in modo dirompente nella nostra vita… Ormai saremo diseredate”. Ridono entrambe. Realissimo pure il personaggio di Carlino (Milutin Dapčević), babysitter queer che “era molto libero, vestiva in total denim, portava il foulard al collo”, ricorda. Nel film è la sola persona ‘grande’ ad avere un nome, a parte Eva: “è l’unico in grado di parlare alle bambine – spiega ancora la regista -, in qualche modo è il più responsabile”. Le protagoniste, nel film chiamate anche zanzarine (infatti il titolo inglese è ‘Mosquitoes’), “sono una rielaborazione di noi e della nostra migliore amica d’infanzia”, prosegue Valentina (ma direbbe lo stesso pure Nicole, “ormai nelle interviste non ci distinguono, usano un nome per un altro, ma va bene così, la pensiamo allo stesso modo”). “C’è pure la personalità della nostra sceneggiatrice, Maria Sole Limodio, che è entrata in questa storia in modo molto profondo – aggiunge – e poi volevamo che loro si mischiassero con le identità delle bambine che avremmo scelto. Così abbiamo lavorato anche sulle loro caratteristiche riscrivendo scene e dialoghi, che erano libere di reinterpretare”. Tutto, d’altronde, è cucito addosso ai personaggi più giovani, come già in altri prodotti italiani a Locarno quest’anno (basti pensare a ‘Gioia mia’ o ‘Su cane est su miu’).
“Abbiamo scelto di usare il formato 1:1 nella maggior parte del film proprio perché è stretto, come quando socchiudi gli occhi e cerchi di ricordare una cosa”, chiarisce Nicole. Lo stile è pienamente anni ’90, sia nei costumi che nei colori, con pure un tocco di magia. Le vicende sono quelle di un romanzo di formazione, assumono vene molto tristi ma mantengono pure un “tono comico” che, dice Nicole, “fa parte di noi, l’abbiamo seguito con naturalezza”. Forse una delle tematiche che più stupiscono del film – che sarà distribuito nelle sale italiane nel 2026 da Adler Entertainment – è la rappresentazione della scoperta della sessualità femminile. “Fin dalla prima lettura ho detto: ma quanto coraggio, che bellezza – ricorda Jessica Piccolo Valerani (nel film la mamma di Azzurra e Marta) -. Ci sono dei dettagli sul femminile che sinceramente era la prima volta che vedevo rappresentati. Mi ha stupita tantissimo, la libertà con cui affrontano la sessualità, la pulizia, senza però farne un’analisi intellettuale. Un pugno in pancia, ma con le stelline”.
Quanto ai riferimenti cinematografici, le sorelle Bertani riconoscono di aver portato a Locarno un’opera prima molto particolare, ma che – nelle parole di Valentina – è “coerente con un certo tipo di cinema che amiamo, come Patagonia di Simone Bozzelli, Amanda di Carolina Cavalli, Disco Boy di Giacomo Abbruzzese o Una sterminata domenica di Alain Parroni. Film che hanno un’identità molto forte ma somigliano ai registi che li hanno fatti, che sono diversissimi tra di loro. Penso ci sia una generazione di registi liberi che si sono stancati delle regole del cinema italiano. Vogliamo creare un gruppo coeso. Se non ci supportiamo tra di noi non riusciremo ad avere anche un’evoluzione artistica”.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA