di
Timothy Ormezzano
Quando era in vita Gianni Agnelli avrebbe espresso espresso la volontà di proseguire la tradizione estiva finché un componente della famiglia fosse rimasto nel club
La terza estate lontana da Villar Perosa, ultima epifania bianconera nel 2022, consolida ormai la sensazione che la Juventus e il calcio tutto abbiano perso un altro pezzo di sé. Un altro frammento della memoria diventato un reperto da museo, cartoline destinate a sbiadire come certe foto in bianco e nero di Giampiero Boniperti e Gaetano Scirea. Tradendo, di fatto, il testamento sentimentale dell’Avvocato Agnelli, che avrebbe lasciato scritto di celebrare la rituale amichevole in famiglia, nel feudo della Val Chisone, almeno finché un membro della Famiglia fosse stato alla Juventus. L’unico lascito è la festosa invasione di campo, con i tifosi mai così vicini ai loro beniamini, che trasformava il terreno di gioco in un enorme abbraccio collettivo. Ieri come allora.
La partita Juve A-Juve B del 4 agosto 2022 (2-0, gol di Locatelli e Bonucci) resta dunque l’ultima sfilata. Era l’estate successiva a due edizioni (2020 e 2021) saltate per la pandemia. Era l’estate precedente a quella in cui si decise di celebrare il centenario della proprietà Agnelli al Pala Alpitour con l’evento «Together, a Black & White Show». Il nome segna il passaggio di consegne e soprattutto dei tempi. La Juventus ha preferito altri format, altri palcoscenici, altre logiche. Il calcio di oggi non ha più spazio per certe liturgie, per i riti di provincia. La sagra paesana è diventata evento globale, come quello di ieri all’Allianz Stadium, sicuramente più mediatico e redditizio. E pazienza se ogni passo verso la modernità molto spesso ci allontana dal romanticismo.
L’amarcord è inevitabile. C’era un tempo in cui il calcio si trasformava in una festa di paese. E le superstar si prendevano una pausa dai grandi riflettori per concedersi a poche migliaia di appassionati, accalcati su una collinetta di Villar Perosa, tra bambini urlanti e pranzi al sacco. La prima volta nel 1959, quando la Juve B, allora denominata De Martino, perse 6-3. Negli anni ’70 e ’80 l’Avvocato, elegante anche sotto il sole di agosto, arrivava in elicottero o in auto scoperta. Passeggiava lungo la linea laterale del campo, spesso accompagnato dal figlio Edoardo, con l’aria di chi stava sorvegliando un tesoro di famiglia. Nell’agosto 1995, poco prima della partita, rispose a un cronista che gli chiese cosa pensasse di Schumacher con un annuncio ufficiale: «L’abbiamo preso», sottolineando poi come, come faceva spesso, «per un tozzo di pane». Su cui avrebbe però spalmato, all’occorrenza, «caviale o foie gras». Il cerimoniere di questo rito dinastico era Boniperti, prima bandiera in campo (nel 1960, con Charles e Sivori, fu protagonista di un 17-3 rifilato al Villar Perosa), e poi presidente, che ricordava come quella sfida fosse «un giorno per ringraziare chi ci segue sempre e ovunque, anche quando conta solo il cuore».
Michel Platini aggiunse un tocco quasi cinematografico alla festa. «Le Roi» arrivava sorridente, con un fascino che andava oltre il calcio. Firmava autografi su sciarpe, maglie, biglietti del treno, e spesso si fermava a parlare in un italiano dolce, venato d’accento francese. In campo, anche in una partitella agostana, Platini regalava tocchi e lanci che facevano scattare applausi spontanei. Poi a prendersi la scena furono autentici fuoriclasse come Zinedine Zidane o Alessandro Del Piero. Altri giocatori, altri tempi rivissuti nell’estate da sballo del 2018, quando il bianconero più atteso di tutti, Cristiano Ronaldo, ovviamente al minuto 7, griffò con un gol una delle ultime apparizioni di Madama su quel prato di Villar Perosa, per la prima volta blindatissimo, dove il tempo si fermava. Per sempre.
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13 agosto 2025 ( modifica il 13 agosto 2025 | 20:39)
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