L’Europa cerca protagonismo, si anima, si organizza, fa di tutto per non farsi relegare sullo sfondo al vertice tra Russia e Stati Uniti in Alaska. Se non ci si può sedere al tavolo, almeno si deve poter influenzare la conversazione. Ecco perché oggi ci sarà un pre-vertice dei leader europei con Donald Trump, J.D. Vance e Volodymyr Zelensky. L’obiettivo è impedire che il summit in Alaska produca un’offerta di resa per l’Ucraina.
In queste ore Giorgia Meloni è in piena campagna per convincere il mondo — e forse se stessa — di avere un ruolo di primo piano. Si è subito lanciata in una telefonata a Trump, con la volontà di imporsi come grande leader europea. Vuole dimostrare che l’Italia può essere in prima linea tanto quanto Germania, Francia e Regno Unito. Ma per ora sembra solo trapanare l’acqua.
Tanto per cominciare, la telefonata con il presidente americano l’hanno fatta anche Keir Starmer, Emmanuel Macron e Friedrich Merz. La sbandierata relazione privilegiata tra la premier e il mafioso che siede nello Studio Ovale non porta nessun vantaggio concreto, almeno per ora.
Oggi il pre-vertice si comporrà di quattro ore di grandi trattative e conversazioni. Alle 14 si collegheranno in videoconferenza Merz, Starmer, Macron, Meloni, il presidente finlandese Alexander Stubb, il premier polacco Donald Tusk, il segretario della Nato Mark Rutte, Ursula von der Leyen e Antonio Costa in rappresentanza dell’Unione europea. Alle 15 ci si vedrà tutti in videoconferenza con Trump e Vance, e ci sarà anche Zelensky. Infine, dalle 16.30 si riuniranno i Paesi che guidano la coalizione dei volenterosi – Regno Unito, Francia, Germania, e tutti gli altri – per dialogare sul futuro di Kyjiv.
L’Italia sarà sempre presente, ma solo per occupare una casella nella foto di gruppo. La linea è quella europeista, com’è giusto che sia, seguendo le posizioni di Francia, Regno Unito e Germania. La conferma è arrivata direttamente dall’Eliseo, che ha divulgato un dettaglio non marginale nell’House of Cards della politica europea: dietro la telefonata di oggi tra Trump, Zelensky, von der Leyen e gli altri leader ci sono prima di tutto i leader dei volenterosi, quindi Parigi, Berlino, Londra.
Infatti, secondo la ricostruzione che ne faceva ieri Repubblica, prima di parlare con Trump, la premier avrebbe sentito Merz e Starmer, i quali l’avrebbero informata dell’iniziativa. Potrebbe sembrare che Macron sia rimasto fuori in questo gioco delle sedie, ma è solo perché il presidente francese sposa una linea più dura, meno accondiscendente verso Washington, favorevole a un’iniziativa maggiore delle capitali europee.
Gli obiettivi, in ogni caso, sono condivisi: l’Ucraina non deve essere svenduta né tradita in un incontro privato tra Donald Trump e Vladimir Putin. E già l’idea di escludere Zelensky da un accordo di pace sarebbe fuori dalle logiche della diplomazia internazionale. «Il percorso verso la pace in Ucraina non può essere deciso senza l’Ucraina», hanno scritto gli Stati membri dell’Unione europea – meno l’Ungheria – nella dichiarazione congiunta di martedì. L’idea è che ogni accordo dovrà rispettare la sovranità, l’integrità territoriale e i confini internazionali. L’Unione europea conferma inoltre la disponibilità a «contribuire ulteriormente alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina» e ribadisce il sostegno al percorso di adesione del Paese all’Unione.
Non dovrebbero esserci molte discussioni sulla priorità: ogni negoziato serio inizia con un cessate il fuoco. È per questo che l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Kaja Kallas, proprio ieri l’ha messo in cima alla lista delle cose da fare: «La sequenza delle fasi è importante. Innanzitutto, un cessate il fuoco incondizionato con un solido sistema di monitoraggio e garanzie di sicurezza incrollabili». Poi ha aggiunto che l’Europa sta lavorando anche a un diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, per poter sostenere finanziariamente l’Ucraina e a portare avanti la sua richiesta di adesione all’Unione europea.
L’Europa quindi è riuscita a ritagliarsi un ruolo in questo capitolo della storia. Sintomo anche di un’importanza sempre maggiore per le sorti dell’Ucraina. D’altronde, come scrive Politico, «l’Europa ora fornisce all’Ucraina molti più aiuti militari e finanziari degli Stati Uniti, anche se Washington continua a fornire un sostegno logistico e di intelligence fondamentale». Gli aiuti e le armi europee sono stati fondamentali per la sopravvivenza dell’Ucraina da quando il sostegno americano si è ridotto con l’ingresso di Trump alla Casa Bianca.
C’è quindi una differenza sostanziale tra la leadership dell’Unione europea, con quella dei più importanti leader – Macron, Merz e Starmer su tutti –, e quella di Giorgia Meloni. L’Europa, pur esclusa dall’incontro in Alaska, detta ancora qualche riga dell’agenda, l’Italia, invece, prende appunti.