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La grande intuizione del primo Io sono nessuno ruotava attorno alla scelta del suo protagonista. Idea vincente prendere il volto ordinario di Bob Odenkirk e costruire sopra il suo broncio un po’ rassegnato e sulla sua postura insaccata il perfetto ‘nobody’, l’insospettabile uomo qualunque. Soprattutto perché Odenkirk veniva dal ruolo che lo ha consacrato, il Saul Goodman di Breaking Bad, avvocato meschino e codardo a cui è stata dedicata persino una serie tutta sua, Better Call Saul.

Sotto quel ‘nobody’ (il titolo originale del film) stava però Hutch, un ex assassino del governo degli Stati Uniti con non pochi punti di contatto con Saul, su tutti un’indole in cui in realtà sguazzava nonostante gli sforzi di ammettere a se stesso il contrario. Assecondare o respingere la propria natura torna allora a cardine di “Io sono nessuno 2”, secondo capitolo al cinema dal 14 agosto e diretto questa volta dal regista indonesiano Timo Tjahjanto.

Un sicario in burnout

Assodata la concordanza tra l’insolito corpo attoriale di Odenkirk e il genere in cui veniva calato, l’action, l’approccio a novità del primo film non è più possibile. Derek Kolstad, in sceneggiatura assiema ad Aaron Rabin e creatore nientedimeno che della saga di John Wick, spara quindi ancora più in alto i caratteri e livella con un tono maggiormente umoristico tutto quanto.

Io sono nessuno 2 diventa infatti una questione di famiglia quando Hutch va in burnout. Ancora alle prese con il debito accumulato in precedenza con la mafia russa, decide di prendersi una pausa dal suo forzato rientro sul campo e di portare moglie (Connie Nielsen), figli (Gage Munroe e Paisley Cadorath) e padre (Christopher Lloyd) in vacanza in una località della sua infanzia.

Chiaro è che con uno come Hutch in giro le cose non potranno che andare storte. Muovendosi sul fondo in quel sottofilone dell’immediata frizione tra le persone della città e quelle della provincia, tra ben educati e zoticoni (una formula di base che nel cinema statunitense si presta bene a un po’ tutti i generi cinematografici), le antipatie dello sceriffo locale (Colin Hanks) finiscono per invischiare la famiglia nella tipica e losca situazione.

Un intrattenimento più generico

Qui la penna di Kolstad attinge a piene mani dall’esperienza sulla costruzione del mondo narrativo di John Wick. Io sono nessuno 2 allarga i confini guardando più apertamente a un certo sottobosco criminale preso però più pittoresco e più sopra le righe, capeggiato da Lendina (una Sharon Stone da fumetto), mente che tiene le briglie delle operazioni illegali supervisionate dal boss locale (John Ortiz).

A fare da tappeto tematico sta sempre il conflitto interiore di Hutch, uomo che si affligge di come gli venga facile menare le mani anche quando in realtà dovrebbe solo gustarsi un margarita a bordo piscina e dare il buon esempio alla prole. Il paradosso di un inadeguato (perché violento) nell’essere un inadeguato (un padre e marito incolore). È palese come il film di Tjahjanto sia persino meno serioso della prima pellicola e di come qui vada dietro ad un action degli equivoci su cui impiantare un intrattenimento estivo e da popcorn, con un lavoro su coreografie e scontri che si sbizzarrisce seppur senza esaltare.

Io sono nessuno 2 poi dura il giusto – 89 minuti, vivaddio! –, ha qualche personaggio sommessamente iconico (Lloyd, ma torna anche RZA nei panni del fratello-spadaccino di Hutch) e non maschera la sua visione leggera anche se meno ficcante rispetto a prima. Se non fosse abbastanza chiaro già così, basti pensare che la resa dei conti finale è in un luna park adibito a paese dei balocchi pirotecnici e dinamitardi, con pallottole che fischiano ovunque e tritolo che butta giù ogni cosa. Insomma, è un ‘di più’, ma non gli importa d’essere altro.

Voto: 6

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