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Nel 2005 Google iniziò a pagare Mozilla, la società che sviluppa il browser Firefox, per essere il motore di ricerca predefinito della sua pagina iniziale. Da allora questi pagamenti sono aumentati di anno in anno, tanto che nel 2023 sono arrivati a essere l’85% delle entrate totali dell’azienda (555 milioni di dollari). Oggi Mozilla è di fatto dipendente da Google, che col suo browser Google Chrome è però anche il suo principale concorrente.
Secondo una recente sentenza di un tribunale statunitense, questo accordo con Mozilla è uno dei modi con i quali Google avrebbe ottenuto una posizione di monopolio tra i motori di ricerca. La sentenza fa parte di un grosso processo di antitrust contro Google avviato nel 2023 dal dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e da alcuni stati americani che è ancora in corso e per cui Google potrebbe essere costretto a rinunciare all’esclusiva su Firefox, o addirittura a vendere Chrome, il suo browser. Entrambi gli scenari sono stati definiti «molto spaventosi» da Eric Muhlheim, il direttore finanziario di Mozilla, che ha sottolineato come l’accordo con Google sia necessario per tenere in vita Firefox, senza il quale, nel settore dei browser, ci sarebbe ancora meno concorrenza.
La prima versione di Firefox fu resa disponibile online nel 2004, in un momento in cui il mercato dei browser era dominato da Internet Explorer di Microsoft. A svilupparlo fu una comunità di sviluppatori che aveva lavorato per Netscape Navigator, uno dei primi browser della storia, ma che voleva sviluppare software in modo indipendente dalle grandi aziende e nell’interesse degli utenti.
Per questo, da tempo, Firefox fa della protezione dei dati degli utenti il suo punto di forza, specie nel confronto con Chrome, che invece raccoglie molte più informazioni e fa capo al più grande network pubblicitario del mondo, ovvero Google. L’influenza di Google nel settore non si limita allo strapotere di Chrome ma si vede anche in progetti come Chromium, una versione open source di Chrome su cui si basano molti altri browser, tra cui Microsoft Edge, Opera e Vivaldi.
In un panorama simile, Firefox può dire di essere l’unico browser (insieme a Safari di Apple) a non usare tecnologie appartenenti a Google, presentandosi come un’alternativa più libera ed etica. Mozilla rivendica anche di essere la sviluppatrice «dell’unico grande browser a non essere finanziato da un miliardario».
Nei mesi scorsi Mozilla è stata costretta a una serie di decisioni piuttosto sofferte, con cui sta cercando di prepararsi a un futuro incerto. Lo scorso maggio ha annunciato la chiusura di due suoi servizi: Pocket, un’app per il salvataggio offline degli articoli web, e Fakespot, uno strumento in grado di rivelare la presenza di recensioni finte nei siti di e-commerce. In un comunicato, l’azienda ha spiegato di volersi concentrare su nuove funzionalità per potenziare Firefox.
Il processo di antitrust contro Google non è l’unica grana per Mozilla, che deve anche affrontare un improvviso aumento di interesse per il settore dei browser dopo anni di dominio di Google Chrome. Negli ultimi mesi, infatti, alcune aziende che si occupano di intelligenze artificiali (AI), come ChatGPT e Perplexity, hanno presentato nuovi browser sviluppati proprio attorno alle AI. Anche lo stesso Chrome ha aggiunto nuove funzionalità basate su Gemini, la suite di AI di Google, così come ha fatto Microsoft con il suo browser, Edge.
Si tratta di una concorrenza molto agguerrita da parte di alcune delle aziende più grandi del mondo (Microsoft e Google), o di startup che hanno ricevuto cospicui investimenti, come OpenAI. A rendere la situazione ancora più complessa c’è la natura ibrida e aperta di Mozilla, profondamente radicata nella tradizione del software open source. Quando si parla di “Mozilla”, infatti, si possono intendere cose diverse: c’è il progetto open source, che viene gestito dalla non profit Mozilla Foundation, e c’è l’azienda che controlla, Mozilla Corporation, il braccio più operativo e a scopo di lucro.
Cambiare radicalmente Firefox senza rovinare il rapporto con i propri utenti può essere complesso, e infatti nel corso degli anni Mozilla è stata interessata da polemiche e scandali che hanno rischiato di minarne la credibilità. Nel 2022 l’azienda aprì alla possibilità di donare alla Mozilla Foundation utilizzando le criptovalute, ma fu costretta a tornare sui suoi passi in seguito alle proteste degli utenti, tra cui uno dei co-fondatori del progetto stesso.
Più recentemente, oltre alla discussa chiusura di Pocket e Fakespot, Mozilla ha anche annullato una modifica alle sue condizioni d’uso, che sembravano dare troppo controllo all’azienda nel tracciamento e nella gestione dei dati degli utenti, andando contro a uno dei principi fondativi del progetto stesso.