di
Paolo Carnevale

A quasi sessant’anni dal primo concerto italiano al Palalido del 25 febbraio 1967, appuntamento a Milano: il tour ha il sapore dell’ultima chiamata

Non è ancora il ritiro ufficiale dalle scene, ma di sicuro ha il marchio dell’ultimo saluto. Per The Who la canzone è finita, o meglio, «The song is over», come lo show che prende il nome da un loro celebre brano del 1971. Un tour d’addio annunciato (almeno per ora, poi si vedrà), partito domenica da Padova e che arriva stasera al Parco della Musica di Milano, nella seconda e ultima tappa europea, prima di salpare per l’America. Insomma, a quasi sessant’anni dal primo concerto italiano al Palalido del 25 febbraio 1967, c’è un appuntamento con la storia, probabilmente l’ultimo, quello con la leggendaria band inglese, che celebra così una gloriosa carriera, tra live assordanti, liti e tragedie.

Anche se gli Who non sono più quelli di «My Generation» — anche perché sono scomparsi due elementi fondamentali come il batterista Keith Moon, per abuso di tranquillanti, e il bassista John Entwistle, per abusi vari — questo live è un’occasione irripetibile. Al gruppo inglese oggi rimangono la mente, l’80enne chitarrista Pete Townshend, e la voce, l’81enne Roger Daltrey, con una sezione ritmica composta da Jon Button al basso e da Scott Devours, che ha sostituito Zak Starkey, figlio di Ringo Starr, alla batteria. Con l’aggiunta del chitarrista Simon Townshend (fratello di Pete), di Loren Gold alle tastiere, John Hogg ai cori e Jody Linscott alle percussioni. Ecco quali sono i motivi per cui sono entrati nella storia del rock.



















































Idoli della Mod Generation – The Who hanno sempre stupito per il loro impatto sul pubblico, sonoro, ma anche visivo. Negli anni ’60 hanno prima colpito con il loro look alla moda, legato alla swinging London, ma poi hanno strabiliato con abiti in stile-impero nei loro live alla tv britannica. Con «My Generation» la gloria non tardò a giungere e il loro stile li trasformò nei paladini della generazione mod, i ragazzi irrequieti della piccola-media borghesia che giravano in parka su Vespa e Lambretta, facendo uso di anfetamine e passando le notti nei club notturni londinesi.

Inni rock per teenager – La band inglese creò la colonna sonora di una generazione di giovani ribelli. Fuggire dall’età adulta, o per citare un passo di «My generation», «hope I die before I get old», ossia sperare di morire prima di invecchiare, non è altro che uno stile di vita trasgressivo anticipatore di quel movimento punk che di lì a dieci anni sarebbe esploso con tutta la sua forza. Con «I Can’t Explain» lanciarono l’epico grido che per primo rivendicò un’identità per i giovani britannici, ribadito dall’inno anarchico di «Anyway Anyhow Anywhere».

Creatori della rock opera – Pete Townshend in un’intervista del 1968 dice: «Sto pensando a un’opera che parla di un ragazzino sordo muto e cieco, che gioca a flipper, non sto scherzando». E così fu. Nacque «Tommy», il primo limpido esempio di concept album. The Who, di fatto, hanno così inventato la rock opera ripetendosi nel 1973 con «Quadrophenia».

Apoteosi live – Il mito degli Who si basa anche sui live incendiari e sulle loro pose iconiche. Roger Daltrey s’inventa il roteare del microfono, a mo’ di lazzo, e salti nel vuoto o sopra il pubblico. Townshend si esalta invece attraverso grandi balzi con una gamba piegata indietro e l’altra tesa in avanti e con il mulinare del braccio sulle corde sulle corde della chitarra (il famoso «windmill»). Un gesto imitato da molti nella storia del rock. La loro leggenda è alimentata anche dal fatto che i loro concerti fossero tra i più rumorosi e che si concludessero con la distruzione degli strumenti e il palco in macerie.

Dove e quando

The Who approdano martedì 22 luglio al Parco della Musica (via Enzo Jannacci, ore 21. Ing. 103,50/126,50 euro) con «The song is over». In scaletta ci sono 19 brani, tra cui tutti i cavalli di battaglia come «Pinball wizard», «See me, Feel me», «My Generation», «I Can’t explain», «Who are you?», «Behind blue eyes», e «Baba O’ Riley».


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22 luglio 2025