di
Chiara Evangelista

I quattro ragazzi fermati non saranno processati perché non imputabili. L’ex presidente del Tribunale per i minori di Milano: «Nei crimini dei ragazzini modi sempre più violenti. Gravi disfunzioni sociali, mancano investimenti convinti»

La magistrata Maria Carla Gatto adesso è in pensione, dopo 45 anni di carriera, ma gli ultimi 8 li ha trascorsi come presidente del Tribunale per i minorenni di Milano.

Dottoressa, sono in aumento i casi di criminalità giovanile nel capoluogo lombardo?
«Non nel numero ma nelle modalità violente con cui i fatti sono commessi».



















































A cosa è dovuto questo fenomeno?
«Le cause possono essere le più diverse: l’uso di sostanze stupefacenti in età sempre più precoce, l’influenza negativa del mondo dei social network, forme di disagio psichico crescente. Situazioni che spesso sono associate a gravi disfunzioni sociali e scolastiche. Mancano investimenti convinti e coordinati da parte dei servizi sia nel settore sociale sia in quello sanitario».

Quali sono i fronti su cui bisogna agire?
«Bisogna sicuramente investire nella prevenzione. In particolare, lo strumento vincente — secondo me — è la scuola. Deve essere immediata la segnalazione dei casi di abbandono scolastico. A Milano, per esempio, si sta agendo portando avanti accordi di collaborazione tra gli uffici minorili della Procura e gli uffici scolastici».

Qual è la sua lettura dell’ultimo caso di cronaca, i 4 minori in auto che investono e uccidono una donna di 71 anni?
«Si ricollega a una mancanza da parte della società di intercettare il disagio e non approntare tutti quegli interventi utili per evitare che i ragazzi non solo violino la legge ma che non abbiano neanche rispetto dell’altro né delle istituzioni».

I quattro ragazzi fermati non saranno processati perché il codice penale prevede la non imputabilità fino ai 14 anni. Secondo lei occorre abbassare la soglia di imputabilità?
«Non ritengo sia utile. I ragazzi non sono in grado di comprendere le conseguenze delle loro azioni a quell’età e di conseguenza non si asterrebbero comunque dal porle in essere solo perché destinatari dell’azione penale. L’obiettivo, invece, è quello di correggere le loro azioni, far intraprendere loro un percorso di responsabilizzazione, guidandoli e orientandoli in assenza di figure autorevoli nell’ambito familiare».

I genitori rispondono civilmente in un caso come questo?
«Sì, per omessa educazione e vigilanza. Il decreto Caivano ha introdotto poi un’ipotesi di reato a carico dei genitori per mancato rispetto dell’obbligo scolastico dei figli».

Nel decreto Caivano sono presenti delle misure anche per i minori di 14 anni. Può essere la norma uno strumento utile?
«Il decreto ha previsto una maggiore collaborazione tra gli uffici minorili, la Questura e i servizi sociali per interventi più rapidi. Si rafforza la possibilità per il giudice minorile di applicare misure di sicurezza, prescrizioni educative anche per i minori al di sotto dei 14 anni».

Quali misure potrebbero essere adottate nei confronti dei quattro ragazzi che sono stati fermati a Milano?
«La Procura presso il Tribunale dei minorenni potrebbe chiedere l’avvio di un procedimento amministrativo con la predisposizione di un progetto educativo da realizzarsi eventualmente anche attraverso il loro collocamento in comunità. Naturalmente qualora il percorso scolastico sia stato interrotto il primo obiettivo è quello di riavviarlo. Il tragico fatto di cui sono stati autori ha certamente segnato il loro futuro e ha spezzato la vita della vittima, causando un immenso dolore ai suoi familiari, ma dobbiamo sperare che la società riesca a rimediare alle carenze di attenzione e cure che finora hanno contraddistinto la vita di questi ragazzini».


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13 agosto 2025 ( modifica il 13 agosto 2025 | 13:46)