“Non ha bisogno di presentazioni. È il grande Lamberto Bava”. Il direttore artistico del Festival di Locarno, Giona A. Nazzaro, introduce così il regista e sceneggiatore horror e fantasy. Poco dopo, Bava – che è in Svizzera per ritirare il Pardo speciale alla carriera – si avvicina ai giornalisti e sussurra con un sorriso sornione: “Ancora non so se me lo merito, questo premio. Forse lo restituisco”. Qualcuno lo vende… “No, quello mai”.
L’ottantunenne, scherzoso e con tanta voglia di parlare, comincia a rispondere alle domande a favore di videocamera. Partiamo dal progetto che più ha amato e quello che, invece, non ha mai realizzato. “Io sono legato a ‘Demoni’ chiaramente, ‘Fantaghirò’ per la televisione e ‘Ghost Son’, che è l’ultimo film importante che ho fatto per il cinema”, dice il figlio d’arte. “C’è qualcosa che però non sono mai riuscito a portare sullo schermo – prosegue -, era partito molto bene, si chiamava ‘Gnomi’. Stava per cominciare e non si è mai fatto, rimpiango di non averlo mai realizzato perché già tanti anni fa diceva quello che oggi pensiamo tutti”. Si trattava di un copione girato negli anni ’80 a firma di Roberto Gandus. Oggi lo riprenderebbe in mano? “No, non credo – afferma -. Io, almeno, no. Era la storia degli gnomi che si vendicavano dell’umanità perché non rispettava la natura, un concetto che oggi tutti facciamo nostro”. Ora, invece, Bava è impegnato in altro. “Sto scrivendo tante cose. Libri, novelle, racconti. Ho da poco pubblicato un libro”, ricorda. Si tratta di ‘Demoni. La rinascita’ per edizioni Cut-Up: quei demoni che lo hanno portato al successo (esattamente quarant’anni fa, tra l’altro) invadono il mondo contemporaneo attraverso media digitali, realtà virtuale e social.
Un modo ben più economico di raccontare storie, il libro, anche perché secondo l’autore i budget per i film non sono più adeguati. “Comunque vista l’età va bene questo. Ma non si sa mai, io sono sempre qua”, ride. Ci fu, però, un progetto innovativo rispetto ai suoi tempi e che, invece, andò in porto. Si tratta di ‘Fantaghirò’, franchise con cinque miniserie (più una d’animazione) liberamente ispirato a una storia raccolta da Italo Calvino nelle sue Fiabe Italiane. “Avevamo letto tutte quelle che potevano essere trasformate in un prodotto televisivo – ricorda Bava – e ha colpito tutti questa storiella breve toscana dell’800 che diceva che una ragazza doveva travestirsi da uomo per far sì che la sua personalità venisse accettata. Questo ci è sembrato abbastanza moderno già tanti anni fa. Infatti, la serie ebbe successo. Ancora oggi se ne parla”. Ritiratosi dai set (quantomeno per ora), tocca dunque chiedere a Bava se conosca qualcuno in Italia capace di riportare in auge il cinema di genere. “Non so, spero ci sia qualcuno. Diciamo che il fantastico in Italia non è che abbia mai avuto una rilevanza particolare, più all’estero, il cinema di quelli di prima, che siamo noi – afferma -. Però uno spera sempre, io sono un amante del fantastico, dell’horror… Si va a cicli. Io aspetto, prima o poi succederà qualcosa”. Un consiglio per il successo di un’opera di questo tipo? “A questo rispondo alla romana: boh!”
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