di
Margherita De Bac

L’attore: «Negli anni 80 c’era ancora il profumo della Dolce Vita»

Seduto in un bar di Ponte Milvio, Sebastiano Somma è come se fosse nel salotto di casa. In tanti, passando frettolosi, adocchiano la sua sagoma imponente presso lo stesso tavolo, il primo a sinistra, col rivestimento dorato. 

Si avvicinano, lo salutano e tutti si aprono in un sorriso spontaneo, contenti di scambiare due chiacchiere. Sessantacinque anni, nato a Castellamare di Stabia, vissuto a Napoli per tanti anni, è sposato dal 2004, con Morgana Forcella, nella chiesa di Santo Stefano in Vaticano. La figlia Cartisia, sta seguendo con passione le loro orme. Somma si muove con grande presenza scenica tra teatro, cinema e televisione



















































Attore eclettico, raffinato, sempre alla ricerca di chicche in cui esprimere il suo estro. Da non perdere «Matilde, l’amore proibito di Neruda», dove Sebastiano e Morgana incantano il pubblico duettando. Roma era il suo sogno. «Mi sono ritrovato avvolto dalla romanità e ci sto benissimo». 

Racconti. 
«Il mio percorso in questa città si è svolto in più fasi. La prima volta venni da adolescente a 15 anni, spinto dall’avventura. Rimasi pochi giorni, ho un ricordo superficiale». 

Poi? 
«Il vero arrivo fu per caso. Un amico si trasferiva a Roma e propose, vieni? A quei tempi facevo l’imprenditore a Napoli, con mio cognato. Era l’83, l’anno del secondo scudetto. Per questa coincidenza forse sono simpatizzante romanista, ma ovviamente tifoso del Napoli. Il mio ingresso in città non fu trionfale. Arrivai a bordo della mia Mercedes Codine bianca, issata sul carro attrezzi che l’aveva rimorchiata pochi chilometri prima del Raccordo, ferma in autostrada. Forse un segnale di quanto sarebbe stato complicato conquistare la città». 

Roma dei sogni?
 «Sì, per me aspirante attore, era un sogno. La prima casa in affitto si trovava in via Santa Maura, traversa di via Candia. Mi iscrissi a un corso di dizione in via Cola di Rienzo e proprio lì conobbi Marcello Mastroianni. Lo fermai, gli chiesi dei consigli su come muovermi. Lui mi rispose: “Mettete a sede’ 10 minuti e te lo spiego”». 

Come si viveva a quei tempi, la grande bellezza c’era davvero? 
«Roma aveva il fascino della Dolce Vita. Giravo per feste dove si incontrava gente come Robert De Niro. Non ero nessuno però ero simpatico, spontaneo, un 22enne di bell’aspetto e intraprendente. Facile essere invitati. Come mi mantenevo? Con i soldi guadagnati da imprenditore». 

All’inizio ci furono i fotoromanzi. 
«Ho cominciato per caso, con la casa editrice Lancio, pseudonimo Chris Olsen. Bei tempi. Pranzavo alla Casina Valadier dopo aver parcheggiato la Mercedes. Un luogo del cuore, il primo di una lunga serie. Partivo spesso. Los Angeles, Brasile, ingaggiato anche dai pubblicitari. Ma la mia casa era qui, in una Roma che via via è sparita. All’inizio ci furono i fotoromanzi, realizzati sul set di via Tiburtina, ma anche tanto teatro, o primm’ammore, c’a nun se scord maie». 

Sparita in che senso? 
«Il suono della romanità si è dissolto. Ascoltarlo era poesia per le orecchie, mi incantava in particolare sentir parlare i nonni materni di mia moglie Morgana che di cognome facevano Pacifici. Oggi gli accenti sono calcati, esagerati. Per ritrovare quelli veri devi cercarli a Testaccio o San Lorenzo, quartieri pregni di un forte senso di identità». 

Quali quartieri conosce meglio? 
«Ho abitato a largo Arenula, in via Tevere e al Nuovo Salario dove mi portò un’amica. Affittai un appartamento in via Camillo Pilotto, attore tra gli anni ‘40 e ‘60, noto per essere stato uno degli interpreti di film come I fratelli Castiglioni, Vendetta Africana e il Mulino del Po. Mi sembrò un presagio per la carriera essere finito lì. I miei luoghi preferiti erano locali come l’Hemingway gestito da Billy Bilancia, il primo barman della movida, e il Caffè della Pace. Si incontravano tanti giovani e tanti artisti. Ovunque potevi trovare gente interessante. Incrociavo spesso Pino Daniele». 

E Roma nord, dove abita attualmente? 
«È una zona che mi permette di girare a piedi o in bicicletta e scoprire angoli che stupiscono. Amo pedalare lungo il fiume, sulla ciclabile da nord a sud e ritorno. Hanno appena riattivato un’area lungo le sponde, l’affaccio sul Tevere, proprio sotto Ponte Milvio, che spero di poter utilizzare come centro di incontri letterari per restituire a Roma quello che mi ha dato, alzando l’asticella culturale. Sono cresciuto sul mare, il Tevere è l’unico tratto di acqua che ho e il vecchio Ponte Mollo (Milvio, ndr) mi affascina, con quella Torretta di cui sono un fan. Peccato abbiano tolto i lucchetti. Una città aperta e tollerante. Che ora sta riacquistando finalmente la sua beltà». 

Non è vero che Roma è senza mare. Ostia e Fregene dove le mette? 
«Mi piace più quello di Ostia. In passato abbiamo affittato una villetta. Ci torno di tanto in tanto e scendo sulle spiaggette libere». 

Un luogo del cuore. 
«Lo stadio dei Marmi dove tutt’oggi amo andare quando devo preparare qualcosa, un luogo che mi trasmette pace, ricco di bellezza e di storia». 

A proposito di romanità, dal 4 dicembre sarà al Teatro Sistina con il musical Matilda, nel ruolo della preside Trinciabue. 
«Grazie a Massimo Romeo Piparo, il direttore artistico, salirò su quel palcoscenico a 20 anni da un’occasione perduta». 

Quale? 
«Anna Paola Trovajoli, che mi era stata presentata da amici comuni, mi invitò a casa e conobbi il maestro Armando. Mi chiese di cantare, lui al piano, e improvvisai due canzoni napoletane. Davanti a me chiamò il suo amico Pietro Garinei e gli disse: “L’abbiamo trovato!”. Aveva visto in me il protagonista di Angeli con la Pistola accanto a Mariangela Melato, da portare al Sistina. Ero al top della popolarità, da protagonista di fortunate serie televisive. Ebbi un primo appuntamento con Garinei, ma lui poco dopo si ammalò e morì. Era il 2005. Finalmente il debutto, dopo una lunga attesa». 

Roma è una città da set? 
«Il mio primo provino fu a Cinecittà con Dario Argento. L’ultima volta che l’ho vissuta come un set è recente. Una gran bella partecipazione nel film di Pupi Avati, Nel tepore del ballo, protagonista Massimo Ghini. Il litorale romano ci ha fatto da cornice».


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14 agosto 2025 ( modifica il 14 agosto 2025 | 07:32)