Sanremo. Dopo settimane di fibrillazioni, indiscrezioni e scenari alternativi rilanciati dalla stampa nazionale, il futuro del Festival della Canzone Italiana sembra salvo nella sua sede naturale: Sanremo. Stando a quanto risulta da fonti qualificate, la trattativa tra Comune e Rai per la nuova convenzione triennale (con opzione di rinnovo per ulteriori due anni) è ormai chiusa nella sostanza. L’accordo dovrebbe essere siglato ufficialmente a settembre, al rientro dalle ferie estive del sindaco Alessandro Mager e dell’amministratore delegato di Rai Giampaolo Rossi.

Sarebbe così vicino alla conclusione quel negoziato che, dopo l’apertura dell’unica busta presentata da Viale Mazzini nella manifestazione di interesse lanciata da Palazzo Bellevue, era stato avviato con l’auspicio – espresso pubblicamente dal sindaco – di un’intesa rapida e senza intoppi. Invece, il confronto si è dilungato più del previsto, non tanto per questioni economiche (già dettagliatamente indicate nella manifestazione d’interesse: canone da 6,5 milioni annui più benefit e percentuali sui ricavi pubblicitari, che non si discutono), quanto per un tema giuridico delicato e simbolico allo stesso tempo: la titolarità del format del Festival.

È su questo fronte, più che su ogni altro, che si sarebbe consumata la parte più sensibile della trattativa. La Rai ha sempre rivendicato un ruolo di ideazione e sviluppo del “format” Festival così come oggi lo conosciamo, e lo ha difeso anche nel lungo contenzioso amministrativo che ha visto coinvolti i due enti. Nonostante gli sforzi dei legali della televisione di Stato, una sentenza del Consiglio di Stato ha chiarito che il vero perimetro giuridico della contesa riguarda il marchio: ovvero la denominazione “Festival di Sanremo” e “Festival della Canzone Italiana”, di proprietà esclusiva del Comune di Sanremo. I giudici di Palazzo Spada hanno evidenziato che, pur potendo esserci profili di valore creativo nel prodotto televisivo, l’evento musicale in sé – inteso come contenuto e identità culturale – è in capo all’ente locale, e come tale deve essere affidato tramite procedura di evidenza pubblica, così come stabilito dal Tar Liguria: l’oggetto della concessione comunale non è il programma televisivo in sé, ma l’uso esclusivo del marchio e l’organizzazione della manifestazione. La Rai, che ha partecipato da unica concorrente al “bando” di Palazzo Bellevue, ora punta almeno a vedersi riconosciuta una valorizzazione del proprio know-how editoriale, anche se non è chiaro in che termini questo possa essere formalizzato all’interno dell’accordo in fase di definizione.

Nel frattempo, sul fronte dei marchi, spunta un nuovo capitolo. Nei giorni scorsi, infatti, è emersa una novità che potrebbe alimentare le già numerose voci di corridoio. Il marchio “Festival della Musica Italiana”, depositato un paio di mesi fa dall’imprenditore dello spettacolo Vincenzo Russolillo (patron del Gruppo Eventi e partner operativo sia del Comune che della Rai nell’organizzazione delle manifestazioni collaterali come Tra palco e città), ha ricevuto il 6 agosto un’istanza di rilievo da parte dell’Uibm. I legali del depositante hanno già dato risposta, e ora si attende l’eventuale opposizione formale. Non è chiaro, al momento, se dietro l’istanza di rilievo ci sia proprio il Comune di Sanremo o la stessa Rai, ma la tempistica e la titolazione del marchio depositato da Russolillo – molto simile a quella del brand istituzionale del Festival – continuano a sollevare più di un interrogativo.

Nel marasma generale provocato dalla dirompente sentenza del Tar Liguria — che ha imposto al Comune di Sanremo l’indizione di una gara pubblica per l’assegnazione dei marchi storici del Festival — le acque, oggi, sembrano essersi finalmente calmate. L’intesa che si profila all’orizzonte non solo dovrebbe sancire la permanenza del Festival nella Città dei fiori (quanto della Musica) almeno fino al 2029, ma potrebbe rappresentare anche una vera e propria svolta rispetto alla tendenza degli ultimi anni. Paradossalmente, quella stessa scossa giudiziaria che ha rimesso tutto in discussione si è trasformata in un’occasione per riequilibrare il peso contrattuale del Comune, che con l’accordo in via di definizione tornerà a incassare oltre 7 milioni di euro l’anno, tra contributo diretto Rai, percentuale sull’indotto pubblicitario (1% sui ricavi) e benefici collaterali.

Una cifra ben più consistente rispetto ai circa 5 milioni annui riconosciuti durante le due giunte di Alberto Biancheri, che aveva avuto il merito di interrompere la discesa iniziata nel 2013, quando da 9 milioni incassati si è scesi prima a 7 e infine a 5 nel 2014 sotto la giunta Zoccarato. Ma ogni conquista ha il suo prezzo. Il rovescio della medaglia si gioca sul piano dei diritti: se da una parte i marchi “Festival di Sanremo” e “Festival della Canzone Italiana” sono beni del Comune, dall’altra la Rai punta ora a vedersi formalmente riconosciuta una concessione sul format. Un passaggio che, pur senza intaccare la titolarità dei marchi, permetterebbe alla tv di Stato di legare in modo più solido il Festival al proprio patrimonio creativo e produttivo, consolidando la sua posizione per le edizioni a venire e in vista dei futuri bandi di concessione. La prospettiva è di un compromesso che, pur sancendo equilibri nuovi, andrebbe a preservare la storia della manifestazione per almeno altri 3 anni. Dopo, chi vivrà vedrà.